martedì 21 febbraio 2012

PILATES


Un metodo olistico Occidentale PILATES

Sempre più Occidente e Oriente si confrontano, si affrontano, si fecondano e a volte si confondono. Ma come sosteneva C.G. Jung non è realmente possibile per un occidentale, impregnato di cristianesimo e grecità, comprendere in pieno l'anima orientale. Tuttavia la via alla globalizzazione, il lavoro di grandi figure carismatiche come Osho dall'India e Suzuki dal Giappone, hanno riempito l'Occidente di una nuova ricchezza. La nostra sfida tuttavia è quella di imparare da questi maestri senza tentare di imitarli ciecamente, anche perché la psiche occidentale è profondamente differente.

In questi anni la nostra esperienza clinica psicoterapeutica ci ha fatto comprendere come un approccio olistico, mentecorpo, sia indispensabile per poter affrontare i problemi che attanagliano l'anima occidentale, sempre più scissa, sempre più sofferente a causa del distacco dalle sue radici più profonde. È infatti ormai norma per lo psicoterapeuta trovarsi a contatto con malattie psicosomatiche oppure con sofferenze psichiche profonde, a volte psicotiche, in cui il distacco dal corpo, dai suoi vissuti e dalle sue necessità è diventato totale. Non ci dilungheremo in elenchi psicopatologici, ma basti pensare ai disturbi alimentari, ai problemi sessuali e alle malattie psicosomatiche dilaganti fra la popolazione, per comprendere la complessità del problema. Contemporaneamente, la frammentazione della psiche, la velocità della vita, l'incapacità di applicarsi hanno reso il lavoro psicoterapeutico sempre più arduo. L'uomo occidentale ha fretta, ma soprattutto è incapace di cogliere quella necessità di disciplina che sorge dalla sua sofferenza psichica e dalla volontà di comprenderla e superarla. In mezzo a questa confusione, da qualche decennio è emersa una pratica psicofisica che, se colta nei suoi significati più profondi, potrebbe essere quel ponte fra le due anime, occidentale e orientale, che si pone come indispensabile all'uomo moderno completo.

Questo metodo, finalmente riconosciuto dopo decenni di silenzio, prende il nome di Pilates, dal nome del suo inventore. Lo scopo principale di tutto il lavoro di J.H. Pilates fu quello di rendere le persone consapevoli di sé stesse, del proprio corpo e della propria mente, e condurle a unire corpo e mente in una singola, dinamica e ben funzionante entità. In un certo senso Pilates cercò di fondere i migliori aspetti delle discipline fisiche occidentali con quelli delle discipline spirituali orientali. La mente di chi esegue gli esercizi del metodo Pilates, è diretta verso il corpo, concentrata su ciò che sta accadendo mentre accade: è possibile così comprendere esattamente ciò che la mente ordina al corpo e imparare a percepire come il corpo si sta muovendo. Gli esercizi del metodo Pilates non presuppongono pertanto una ripetizione esasperata finalizzata a se stessa: con una logica sequenza conducono la mente a cooperare con il corpo alla ricerca comune del controllo, della precisione e della fluidità dei movimenti, coordinati con una giusta respirazione. La persona che pratica gli esercizi del metodo Pilates non è spettatrice di se stessa, ma partecipa attivamente con il corpo e con la mente a ciò che compie. Come era solito dire Pilates: “La cosa importante non è ciò che stai facendo, ma come lo stai facendo”.

Per Pilates e i suoi successori, lo scopo è dunque quello di portare l'individuo a muoversi con economia, grazia ed equilibrio. Sicuramente questo avviene tramite la respirazione, sempre ben controllata, come nella pratica dello yoga, ma anche tramite la consapevolezza del baricentro, il Power House, definito come centro di forza e di controllo di tutto il corpo, pratica comune a tutte le discipline orientali, in cui la precisione di ogni movimento deve avvicinarsi a una ideale perfezione.
Il tutto comporta una concentrazione massima in ogni esercizio, la mente deve essere il supervisore per ogni singola parte del corpo liberandosi da ogni altro pensiero parassita, mentre il controllo, su ogni parte del corpo deve impedire di effettuare movimenti sconsiderati e trascurati. Lo scopo finale è la fluidità, quella di un pesce nell'acqua o di un uccello in volo. È questo principio la sintesi di tutti i concetti precedenti, perché nella sua forma più eccelsa il Pilates è “poesia in movimento”, con tutto il potere evocativo che questo comporta.

È chiaro quindi che il metodo Pilates ha come finalità la ricerca di una salute che collega la mente al corpo, in cui quelle tentazioni estetizzanti e modaiole che hanno come unico scopo il narcisismo e che spesso sono l'anticamera per l'uso di sostanze dopanti, devono essere del tutte escluse. La mente umana non è un monolite, bensì, con una facile metafora, un condominio, in cui possiamo immaginare il corpo come la struttura in muratura, i condomini le varie personalità che ci abitano, l'Io come il portinaio a disposizione degli abitanti continuamente intento alla manutenzione dello stabile, ma è soprattutto il Sé, l'atman per la psicologia vedica, che in qualità di padrone di tutto, necessità di essere seguito e riconosciuto. Come soggetti coscienti interpretiamo la parte del portinaio ed è ovvio che in questo compito di servizio dobbiamo essere efficienti e impeccabili. Il trascurare qualcuno degli abitanti o lasciare decadere l'edificio è un peccato che difficilmente potrebbe essere perdonato dal Sé. È quindi in questa ottica di servizio sacro verso noi stessi che dobbiamo affrontare la disciplina del Pilates con la stessa umiltà con cui si bada alla pulizia di una casa, ma con tutta la fierezza di un pavimento luccicante. 

Enrico Borla, 
Medico Psicoterapeuta, Torino
Ilia Russino, 
Insegnante di Pilates, Torino

font osho times giugno 2008


Pilates

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