lunedì 30 giugno 2014

IL GATTO E IL MARE. UNA MEDITAZIONE DI LENNI ROSSOLOVSKI PER IL SONNO PROFONDO


Oggi sono riuscita a suggerire a Lenni un'idea creativa che gli è piaciuta talmente tanto che ha fatto subito una nuova meditazione:-).
Gli ho chiesto, sul Forum: ascoltiamo nei suoi programmi il rumore del mare, lo scricchiolio della legna che brucia, la pioggia che cade - tutti suoni che possiamo ascoltare all'infinito e che ci piacciono. Ma anche le fusa dei gatti sono molto rassicuranti, anzi, sono anche curativi... non si potrebbe inserirle qualcuna in uno dei programmi? Grazie... Lenni mi risponde a stretto giro di posta: OK Olga, stanotte dormirà con le fuse dei gatti, devo trovare un soggetto adatto (a lui piace registrare da solo i suoni della natura, difficilmente usa quelli già registrati da qualcuno).
Torno a casa, ed ecco il programma. Lo devo ascoltare ancora.. vediamo stanotte.
IL GATTO DORMIENTE SULLA SPIAGGIA (il titolo originale) è una variante delle meditazioni DELTA per l'immersione in un sonno profondo. Delle frequenze speciali sono inserite nelle fusa del gatto e nel rumore delle onde. Per i primi 30 minuti si fa una preparazione al ritmi delta, mentre durante i restanti 20 minuti seguono le pure frequenze delta 2,8 Hz.
Si raccomanda l'ascolto nelle ore notturne. LE CUFFIE sono d'obbligo.
ATTENZIONE:
Se durante l'ascolto del programma non vi siete addormentati, non ascoltatelo per la seconda volta: si ascolta UNA VOLTA SOLA.
Il programma non deve essere ascoltato dagli epilettici, dalle donne in stato di ghravidanza, dai portatori di pacemaker e dai ragazzi minori di 16 anni.


Aelita Melina ‎LA RADIONICA ESOTERICO-SCIENTIFICA RUSSA
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domenica 29 giugno 2014

RICONOSCI COME LE PERSONE TI INFLUENZANO

Saper riconoscere se una persona esercita
una buona influenza su di voi

Quando vi capita di incontrare una certa persona, non sempre siete sicuri se `e bene frequentarla.
`E molto semplice: se sentite che la sua compagnia vi rende piu lucidi, se
risveglia in voi la bonta e la generosita, se vi stimola nel lavoro, ebbene, in quel caso
continuate pure a vederla; qualunque cosa vi si dica sul suo conto, sta di fatto che quella
persona vi `e di aiuto, ed `e questa la cosa pi`u importante.

Se invece, frequentando qualcuno, constatate che in voi tutto si annebbia, che non
sapete piu a che punto siete, che provate per gli altri solo sentimenti di animosita
e di disgusto e che non avete pi `u lo slancio necessario per intraprendere qualsiasi
attivita, ebbene, in quel caso, cercate di non vederlo pi `u. Se anche fosse una celebrita
o un arcimiliardario, allontanatevi da lui, perche la sua influenza su di voi sarebbe troppo

negativa.


Regole d’oro per la vita quotidiana

di Omraam Mikhael Aıvanhov

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sabato 28 giugno 2014

“IO TI AUGURO LA FELICITA’”

“IO TI AUGURO LA FELICITA’”

Riassumo il contenuto degli articoli dal sito russo “La conoscenza del Sé”.
Augurare agli altri la felicità è un metodo universale antichissimo. Si purificano la coscienza, la mente, i corpi sottili. Non richiede le particolari conoscenze o condizioni per praticarlo. Basta provarlo, capire la sua essenza e verificare quanto è efficace.
Solo gli egocentrici accaniti non potranno praticare la formula della felicità.
Si pronuncia a voce alta; si può dirla mentalmente, ma l’effetto sarà minore.
Si richieda la calma, la presa della coscienza, la sincerità.
Come capire che la formula ha funzionato?
- riuscite ad augurare la felicità con calma e sincerità;
- siete rilassati;
- provate il senso di liberazione;
- provate la gioia interiore;
- provate le belle sensazioni nel corpo (arriva l’energia fisica).
Potete ottenerlo in 5 o 30 minuti, ma potere non riuscirci nemmeno in un’ora e mezzo. Si ripete per qualche giorno.
Come: da soli, sedersi comodamente, e pronunciare a voce alta la formula. Serve almeno un’ora (per accertarsi che niente vi distrae), ma i risultati sono molto individuali così come i tempi.
Per uscire dalla genericità, cominciate a lavorare con una sola persona.
Visualizzate la persona, dicendo “io ti auguro la felicità”, e vedete come s’illumina di gioia.
Probabilmente, dovrete ripeterlo più volte per cominciate ad essere sinceri!
Siate pronti alle resistenze da parte dell’EGO.
Arriveranno i pensieri tipo:
- Non funzionerà
- Non perdere il tempo
- Non hai altro da fare?
- Come fai ad augurare la felicità agli altri se non sei felice tu?!
- Ma come, lui diventerà felice, ed io?!
- Non posso augurare la felicità agli altri, la voglio PER ME!
L’egoismo e la felicità sono incompatibili.
Ricevi quello che emani: la formula funziona secondo questo principio; e più irradi la felicità, più ne arriverà a te.
Le resistenze dell’Ego saranno sconfitte solo con le ripetizioni. I giocchetti dell’Ego si osservono e si accettano così come sono; dopo di che l’ego rallenta la sua presa.



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venerdì 27 giugno 2014

QUESTIONE DI PENDOLI



La realtà manifesta se stessa in una grande varietà, proprio perché il numero delle varianti è infinito. I pensieri oltre ad essere motivo delle azioni dell’uomo influiscono anche direttamente sulla realtà che lo circonda: l’emissione di energia mentale materializza una variante potenziale. La realtà è uguale per tutti, ma in essa ognuno percorre la sua linea di vita e legge gli eventi che gli accadono con la sua visione e con i suoi sistemi di credenza.
Quando si pensa a qualcosa, la frequenza dell’energia dei nostri pensieri è sintonizzata su una determinata zona nel settore delle varianti. Quando l’energia finisce in un settore delle spazio delle varianti, prende origine la realizzazione materiale della data variante. Le circostanze della vita si formano non solo in seguito ad azioni concrete, ma anche per effetto del carattere dei pensieri di una persona. Da tutto questo si deduce che un atteggiamento positivo cambierà in meglio le nostre vite, in modo semplice e naturale. L’uomo ottiene sempre quello che sceglie.
Su una determinata linea di vita non si può cambiare niente, quindi l’unica soluzione è cambiare linea di vita, scegliere un’altra variante; l’uomo può scegliere la propria fortuna, senza bisogno di lottare per ottenerla.
L’energia del pensiero dei singoli individui si fonde in un unico flusso che viene definito pendolo energetico. Generalmente ogni pendolo è distruttivo perché sottrae energia ai suoi membri, se l’individuo fornisce energia al pendolo quest’ultimo lo ricambia, garantendogli un ambiente di sopravvivenza. I pendoli non si preoccupano del benessere del singolo, perché la cosa più importante è la salvaguardia del sistema. L’importante è riconoscere il pendolo e non stare al suo gioco.

L'Arte della Fumigazione. Una guida alle resine e...


Da tempi immemorabili la combustione di parti vegetali aromatiche è stata utilizzata per penetrare nei recessi dell'anima e stimolare cambiamenti. Quali sono gli incensi "big"? E quali le loro proprietà? - Estratto da "L'Altra Medicina - n.30"
Ci sono tanti modi per "ricevere" quello che una pianta può darci. Si può ingerire o strofinare sulla pelle, se ne può fare un farmaco - un rimedio - ma si può anche bruciare ed esporsi al suo aroma. L'uso è sicuramente molto antico, testimoniato dalla presenza delle fumigazioni in tutte le grandi culture del passato.

All'inizio forse si trattò solo dell'esposizione ai balsami di una conifera, bruciata per riscaldarsi, ma che si rivelò un sollievo contro una malattia da raffreddamento.

Presto, erbe e legni si associarono a rituali e pratiche religiose, si vide che ogni profumo "parlava" in modo diverso. Aveva un potere, apriva porte nella psiche dei primi sapiens.

Tutto questo, nel tempo, è stato variamente elaborato fino a comporre un corpo di conoscenze di cui resta traccia nelle narrazioni tradizionali. In Arabia si vide che la resina di una pianta del deserto agiva su strati profondi della mente, e forse riduceva il rischio di contagio delle malattie infettive. La pianta era la Boswellia, quella che chiamiamo incenso. Si accorsero che la mirra, un altro arbusto di quei luoghi, aveva altri effetti, più terrestri. Dall'India, dall'Egitto arrivarono subito ingenti richieste.

In America del nord si entusiasmarono per la salvia bianca, a Creta per il ladano, in India per il sandalo, in Giappone per il legno del Jinkoh. Ogni grande cultura del passato aveva il suo "incenso" Le piante usate per le fumigazioni (ancora oggi) sono molte centinaia, e migliaia sono le "ricette" a noi pervenute.

Gli esperti, spesso persone addette alle cerimonie religiose, elaborarono svariate associazioni di più piante da bruciare, esattamente come accadde per le "medicine" da assumere per bocca, fatte di più ingredienti. Una storia complessa, tutta da ricostruire. Ma possiamo ricordare le piante da sempre più utilizzate nelle fumigazioni (solo una parte dell'insieme) e vedere quali proprietà erano loro attribuite.
Incenso - Il profumo del cielo

L’incenso, o franchincenso, è la resina delle piante Boswellia. Crescono ai confini del deserto in una ristretta fascia di terra e sassi, la “cintura dell’incenso”: troppa acqua le ucciderebbero. Una storia antichissima: la più famosa è Boswellia sacra, diffusa nell’Arabia del sud, ma ci sono più di 20 varietà tra cui l’indiana Boswellia serrata, detta Guggul.


La fumigazione dell’incenso, bruciato anche nelle chiese cattoliche, veniva fatta per due scopi principali: per disinfettare gli ambienti e per le proprietà psicoattive.

Da sempre si ritiene che questo aroma avvicini l’anima a Dio; innumerevoli generazioni si sono servite di Boswellia per la preghiera, il raccoglimento, e per entrare in stati meditativi.

In quanto tale si ritiene che purifichi i nostri spazi interiori, alleggerendo la psiche da tutto ciò che la opprime e proteggendo da influssi negativi. Agendo su questi piani profondi, è come essere trasportati al di fuori dal caos quotidiano con effetti rilassanti e antistress.

La varietà Guggul, in India, entra tra i rimedi dell’Ayurveda: tradizionalmente si brucia alla sera, spesso insieme al benzoino, per superare stati di nervosismo, recuperare la pace interiore e avere un sonno ristoratore. Da un'altra pianta affine (Balsamodendron gileadensis) si ottiene il cosiddetto Balsamo della Mecca: famosissimo nell’antichità, oggi è quasi impossibile trovarlo puro in commercio.

Curiosità: Un tempo le persone colpite da reumatismi si esponevano ai “bagni” di fumi dell’incenso. Un’azione antinfiammatoria che recentemente è stata confermata da alcune università occidentali.

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Mirra - La forza sensuale della terra

Un'altra pianta del deserto è Myrrhis odorata. È la Mirra dei Re Magi: da sempre se n'è fatto commercio insieme all'incenso.


Se l'incenso è "maschio", la mirra è "femmina": racchiude in sé l'energia della terra, dona forza, radicamento, tonicità. Ideale per uscire da stati di affaticamento e confusione mentale. Nel mondo medio-orientale, ma anche nell'antico Egitto, si riteneva che questa fragranza accendesse la sensualità: in Egitto era detta "scongiuro dalla pazzia" proprio perché in grado di calmare le persone con gravi disagi psicofisici. Come altre piante, si usava bruciarla nelle stanze dei malati, per somministrare forza e come antisettico.

Curiosità: La Mirra non va confusa con la mirra dolce (opoponax) che ha un sorprendente profumo di lavanda. Quest'ultima si pensava che funzionasse come uno scudo protettivo contro agenti patogeni e influenze negative. Potenzia la percezione e i sensi, acuisce le capacità di osservazione.

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Benzoino - Ispirazione nella calma

Originario dell'Estremo Oriente, era esportato fin dall'antichità nel Mediterraneo. È la resina dell'albero Benzoe Siam, diffuso in Indocina.

Dolce e balsamico, ricorda la vaniglia. Si usa nelle miscele, quasi mai bruciato da solo (è irritante). Alla sera, insieme a cannella e sandalo, risulta calmante, rasserenante. Mentre, insieme a incenso e cedro, apre varchi sui mondi dello spirito.

Al benzoino viene inoltre attribuita un'azione di stimolo sulla creatività. Una ricetta fumigatoria tradidizionale, a base di benzoino, si chiama "Shakti" (in commercio): l'impronta femminile di questo aroma richiama i sentimenti amorosi, libera la fantasia e la creatività.

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Cedro - Il profumo dei giardini dell'Eden

Albero imponente, originario della Mesopotamia, quando era fertile. Se ne parla nel ciclo di Gilgamesh e in innumerevoli leggende. Si considerava l'albero delle rivelazioni: esporsi ai suoi fumi apriva alle ispirazioni sovrannaturali, da cui trarre saggi consigli.

Si usava nei rituali, anche a scopo di purificazione. Dona forza interiore e sicurezza nei momenti di crisi, conferendo fiducia e autostima. Nello stesso tempo riduce la pressione psichica e riporta un po' di serenità: non a caso è l’albero dell’Eden, dove non esisteva la fatica del vivere. In più, ha un effetto balsamico e anticatarrale. Oggi, questo legno si trova più spesso ridotto in polvere per fumigazioni. Il suo aroma è caldo e intenso.

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Ladano - Travolti da un'ondata di sensazioni

Il ladano è la resina di un arbusto, il Cistus creticus. Era l'aroma prediletto a Creta mentre oggi si coltiva in varie aree del Mediterraneo. Entra anche nelle fumigazioni giapponesi.

È un aroma molto complesso, affascinante.
Rafforza la percezione del corpo e la sensibilità in genere: si consiglia nei momenti in cui non riusciamo più a percepire noi stessi. Esporsi al suo profumo significa essere colpiti da immagini, ricordi e stati d'animo che normalmente non si provano. Corrobora quindi la forza dell'immaginazione.

Aroma caldo, terrestre, è utile quando non sentiamo più il terreno sotto i piedi, quando abbiamo bisogno di calore e solidità, fuori e dentro.
Storace - La gioia delle feste

Originario della Mesopotamia, è un cespuglio dal quale si ricava un balsamo liquido il cui aroma ricorda l'ambra: la pianta si chiama infatti Liquidambar.

Era considerato il profumo delle feste, forse perché – come sostenevano gli Egizi – dona energia psichica, vigore, autostima e potenzia la sensualità e le capacità seduttive. Venduto come "gomma storace", si usa spesso insieme al calamo e alla cannella.

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Sandalo - Il legno dell'energia psicofisica

Antico aroma della tradizione induista, si usa anche nelle pratiche di incinerazione. Si brucia il legno dell'albero Santalum album, che cresce soprattutto nell'India orientale.

Il sandalo è citato anche nei Veda e nel corso dei secoli gli indiani hanno imparato a utilizzarlo in molti modi, anche in medicina. In India è considerato un aroma che coltiva l'energia vitale, dunque ottimo per trattare stati di esaurimento psicofisico, nevrosi e stress.

Lo si inquadra anche come disinfettante degli ambienti chiusi. Bruciare un pezzetto di legno pregiato di Sandalo può alleviare il mal di testa.

Curiosità: Attenzione agli acquisti, perché in commercio si trovano legni, o polveri, spacciati come sandalo ma che in realtà non lo sono. In particolare, a volte si presenta come sandalo il legno di un albero sudamericano (Amyris balsamifera) che costa di meno. Il vero legno di sandalo è quello color sabbia.

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Lentisco (resina mastice) - L'espulsione della malattia

Questa resina era un "must" dalle isole dell'Egeo. Si ricava da una pianta cespugliosa(Pistacia lentiscus) ed è anche detta "lentisco".

In Grecia e nei paesi arabi si usa tradizionalmente in rituali curativi che prevedono la fumigazione. Ci si espone al fumo della pianta, chiudendo gli occhi e visualizzando "l'uscita" della malattia dal corpo. Le madri visualizzavano i figli immersi in una nuvola di questo fumo, come protezione dalle malattie. Utile in caso di stanchezza, apporta una sensazione di leggerezza: in più il lentisco favorisce la meditazione donando una sensazione di luce.

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Alloro - Il potere della chiaroveggenza

Pianta strettamente legata ad Apollo, entrava probabilmente nelle miscele fumigatorie dell'oracolo di Delfi.

L'aroma ha una personalità maschile e solare. Si usava come agente purificatore, soprattutto in caso di epidemie. Ma, storicamente, la sua caratteristica principale è legata alla capacità di favorire la chiaroveggenza e i sogni profetici.

Si può miscelare ad incenso, mirra, dictamo e ladano. Questi ingredienti costituiscono una miscela detta "Pythia".

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Ginepro - Energia e concentrazione

Una delle più antiche piante fumigatorie. Negli antichi testi erboristici medievali si riteneva una pianta che protegge dall'attacco dei demoni.

Aroma energizzante, favorisce le capacità di concentrazione. Interessante il suo impiego in convalescenza per ridare tono dopo la malattia. Si usa anche in Tibet nelle fumigazioni "dhupi": si praticano durante i rituali per aumentare la concentrazione spirituale. Si bruciano gli aghi o le bacche, spesso miscelate con altre resine, come quella dell'abete rosso o della sandaracca.

Una classica ricetta fumigatoria tibetana, che unisce il ginepro al rododendro, si chiama "Lawudo": conferisce stabilità psichica nei periodi convulsi.

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Rosa damascena - Il fiore dell'unione mistica

Il profumo preferito della spiritualità araba e sufi: per loro era la "madre di tutti i profumi". Importata in Europa dai Crociati.

Agisce sulla sfera affettiva, per lenirne le ferite. Apre il cuore e lo dispone all'ascesi.

Per i sufi la rosa di Damasco è il simbolo dell'unione spirituale con Dio.

I petali si aggiungono a varie miscele: famosa è la "Rosa mystica", ancora oggi in commercio, una carezza per il cuore sofferente.

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Jinkoh - Il legno della via dei profumi

È il legno di una pianta (Aquilaria agallocha), dotato di un profumo meraviglioso. In Giappone è ben conosciuto perché si usa nelle cerimonie Ko-doh (letteralmente "la via del profumo"). I rami sono adatti alle fumigazioni solo se infettati da un fungo che stimola la produzione della resina aromatica.

La raffinata cultura giapponese parla di "ascolto" dei profumi: percepirli in modo consapevole significa completare il proprio cammino di perfezionamento interiore. E il Jinkoh è uno dei protagonisti.

Jinkoh significa "legno che affonda", perché è più pesante dell'acqua. Lo si trova in scagliette minute, ma i giapponesi lo classificano in più varietà, alcune delle quali costosissime.

Esporsi al suo profumo alla sera favorisce il rilassamento: alcuni studi suggeriscono che in effetti migliori il sonno e abbia un potere calmante.

Il Jinkoh è conosciuto da sempre anche in Arabia (è citato nelle "Mille e una notte") come aroma erotizzante. È contenuto nella ricetta "Kyphi".
Copale - L'aroma di cui si cibano gli Dei

Esistono due alberi del copale (Protium copal e Bureseru microphylla), sacri alle popolazioni amerindie precolombiane. Maya e Aztechi offrivano la resina al dio del Sole nei riti, durante le cerimonie di iniziazione o divinazione.

Esistono tre tipi di resina copale.
Quella bianco-gialla ricorda l'incenso e sprigiona un aroma delicato, adatto all'introspezione. Il Copale nero è più forte e tenebroso, un tuffo nelle profondità dell'anima. Quello color oro stimola l'ispirazione, l'immaginazione e la fantasia.

Secondo la tradizione mesoamericana queste resine sono doni del Giaguaro, simbolo del Sole. Si considerava il cibo degli Dei: far salire i fumi verso il cielo significava ingraziarsi le massime divinità del pantheon.
Come si usano gli incensi?
A parte i bastoncini dei vari incensi presenti in commercio, possiamo procedere alle fumigazioni in un modo più tradizionale.

Si tratta di procurarsi un incensiere e gli appositi carboncini su cui bruciare resine, legni o altre parti vegetali. In commercio si trovano carboncini a combustione rapida (durano 20 minuti) oppure lenta (fino a un'ora).

Si procede così:
Mettete uno strato di sabbia nell'incensiere.
Usando la fiamma di una candela, accendete il carboncino tenendolo con una pinzetta.
Riponete il carboncino sulla sabbia.
Quando il carboncino smette di crepitare, potete porre le sostanze che volete bruciare sopra il carboncino. Bastano alcuni pizzichi.

giovedì 26 giugno 2014

Il Palo Santo: 10 ottime ragioni per utilizzarlo


La Bursera graveolens, nota come Palo Santo o Palosanto, è un albero dalle straordinarie proprietà! Scopri in che modo puoi ottenere benefici dall'utilizzo di trucioli e legni di Palo Santo, olio essenziale di Palo Santo e incensi di Palo Santo!





La Bursera graveolens è un albero presente nel Sud-america e nelle isole Galapagos.

Essa è nota più comunemente con il nome Palo Santo, in quanto ha la tendenza a fiorire nel periodo Natalizio.

La produzione di prodotti mediante il Palo Santo avviene nel rispetto dell'ambiente, e dell'albero: vengono utilizzati i legni caduti a terra naturalmente, e seccati nel corso degli anni. Infatti il caratteristico odore del palo santo è dato da mucillagini che ricoprono il legno a terra, inducendo una fermentazione naturale.

Per ottenere il caratteristico odore naturale, i legni devono restare a terra dai 4 ai 10 anni. E' proprio durante questo periodo che il legno matura la sua essenza raggiungendo le sue straordinarie proprietà.
Le virtù del Palo Santo
Nutre e idrata la pelle, rendendola levigata e tonica. Contrasta le irritazioni cutanee come desquamazioni, dermatiti, eczemi e psoriasi, forfora, secchezza cutanea,... Per questo motivo il Palo Santo viene utilizzato in creme, saponi e shampoo.
Ha proprietà analgesiche, antisettiche, e antinfiammatorie. Per questo motivo può essere utilizzato nei prodotti dopo-barba e dopo-depilazione, nonché in quelli per l'igiene intima
Ha proprietà rubefacenti (attira il sangue negli strati più superficiali della pelle) per questo motivo viene utilizzato nelle creme per i piedi, come rinfrescante, emolliente e defaticante.




Si ritiene che il Palo santo agisca a livello del Chakra 5 oChakra della Gola: infatti viene usato per alleviare malanni alle vie respiratorie come tosse e raffreddore, allergie, ma anche attacchi d'asma
Allontana gli insetti fastidiosi: l'aroma di palo santo risulta sgradito a zanzare, mosche, e altri insetti. Non solo, le sue proprietà lenitive portano ad usarlo dopo una puntura, per eliminare il fastidioso prurito.
E' utilizzato nei massaggi per attenuare i dolori muscolari, articolari e reumatici.
E' un rilassante psico-fisico, in quanto il suo aroma conferisce un senso di pace e serenità. Inoltre contribuisce ad avere un sonno di buona qualità.
E' un ansiolitico e antidepressivo: armonizza corpo, mente e spirito, ripristinando l'equilibrio interiore. Per questo motivo è stato definito "il profumo dell'anima"
Purifica gli ambienti dalle negatività, effettuando una sorta di pulizia energetica e vibrazionale. Per questo motivo viene bruciato nel corso di cerimonie o meditazioni sotto forma di incensi, paletti, coni e trucioli.
L'essenza di Palo Santo è autoconservante: pertanto i prodotti a base di Palo Santo non necessitano di conservanti e altri additivi chimici.

NB. in Sud-America esistono numerosi alberi noti come Palo Santo: oltre alla Bursera graveolens troviamo anche la Triplaris americana, l'Amelanchier ovalis, la Bulnesia sarmientoi,... Per questo motivo è importante verificare che i prodotti siano stati ottenuti dallaBursera graveolens



Incenso di Palo Santo - Paletti - Legno di Bursera Greveolens
Voto medio su 55 recensioni: Buono
€ 3.5
Bagnoschiuma Palo Santo
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€ 11.89

mercoledì 25 giugno 2014

RICORDATI DI TE


Un giorno il tuo corpo morira', qualcuno si ricordera' di te per un po,
altri no.
Ma tu "Ivano" non dimenticarti mai di te
non dimenticarti di colui che aspetta con pazienza infinita
non dimenticarti di chi non ti tradisce mai
di chi non ti usa e non ti inganna mai
ricordati  di te... di colui che non muore... mai

Antar Raja





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martedì 24 giugno 2014

SEGRETI DI UN UOMO SAGGIO


1. Imparate a rilassarvi dalla natura. Imparate dai gatti a evitare gli stress, dagli uccelli a proteggere i suoi piccoli, imparate dagli animali l’arte dell’amicizia e dell’amore. Imparate dalla natura l’arte della saggezza della mente e del corpo.
2. Finché avrete delle vostre ferme convinzioni non sarete capaci di vedere la verità e sarete destinati alla sofferenza. A causa delle esperienze passate, cliché e rigide convinzioni riguardo a certe cose, l’uomo non può vedere tutto il quadro della situazione: uscite dai confini delle convinzioni.
3. Finche combattere qualcuno siete uguali al vostro nemico, per vincerlo siete costretti ad adoperate la sua tattica e la sua arma.
4. Seguendo i dogmi e gli ideali altrui non sarete nessuno. Una rosa è bella perché vive semplicemente nella realtà. Non deve diventare un altro fiore, o una rosa più “ricca”.
5. Ha paura colui che ha i sensi di colpa. Non provate vergogna per le azioni degli altri, non dovete niente a nessuno e non avete colpe.
6. Non esiste il Paradiso né l’Inferno. Il Paradiso e l’Inferno sono la vostra vita qui ed ora, la sostanza della vostra vita. Dipende da voi come vivere.
7. La vostra vita dopo la morte sarà così come lo era prima della morte. Non ha importanza la vostra futura forma, il vostro futuro corpo, la sostanza rimane quella di prima; la vita futura proseguirà nella stessa direzione.
8. Potere cambiare casa, partner, lavoro ma non saranno i cambiamenti sostanziali: la vostra mente e i vostri pensieri rimarranno con voi. Senza aver cambiato la forma mentale ovunque vivrete allo stesso modo.
9. Per capire se la vostra coscienza sta cambiando, concentratevi sulle vostre relazioni con gli altri; qualsiasi cambiamento nel mondo interiore di una persona è riflesso nei suoi rapporti con altre persone. Se questi cambiano significa che vi state trasformando interiormente.
10. Dipende solo da voi se la vita cambierà in meglio, se rimarrà tale e quale o diventerà inferno.

Fonte
LA RADIONICA ESOTERICO-SCIENTIFICA RUSSA
https://www.facebook.com/groups/572052359528005/?fref=n
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COME GESTIRE IL TEMPO?


traduco dal russo (Парапсихология.facebook.com)
1. Togliete la spazzatura dalla vostra stanza, e meglio ancora, da tutta la casa/ufficio. Via le cose che non servono.
2. Dividete la scrivania in zone. Una scrivania ingombra ruba le vostre risorse di tempo e vi rovina il cervello. Nel vostro campo visivo non devono essere più di 7, al massimo 9 oggetti. Poco più in là ci possono stare cose come vocabolari, libri da consultare, penne, documenti non urgenti. La regola: se aggiungete qualcosa alla zona principale, togliete subito qualcosa. Tutti gli oggetti di cartoleria e le carte devono stare alla distanza di un braccio teso.
3. Imparate a dire di no. Spesso non riusciamo a farlo nei confronti dei colleghi o degli amici; sembra che fare loro un favore non ci porterà via più di 5 minuti. Ma alcune richieste ingrossano, divorano il vostro tempo, e vi arrecano danno.
Provate a spiegare, in poche parole e in maniera chiara, il perché del vostro rifiuto. E’ più facile farlo se siete persone “di parola”. Se una vostra parola è una legge, prima di tutto per voi stessi, allora anche le altre persone non si metteranno a discutere.
4. Definite le vostre priorità. Cominciando da piccole cose, ogni mattina scrivete almeno tre cose che dovete assolutamente fare oggi.
5. Comunicate con l persone che conoscono il prezzo del tempo. Parlate con le persone della necessità della pianificazione e delle priorità. Più gente lo saprà, più in fretta spariranno dei perditempo.

Aelita Melina FB
LA RADIONICA ESOTERICO-SCIENTIFICA RUSSA



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lunedì 23 giugno 2014

IL TAO DELL’AMORE:

Possiamo iniziare questo lunghissimo studio, dicendo che i Taoisti hanno da sempre utilizzato l'energia sessuale principalmente per tre scopi:
1: Gioco e svago
2: Guarigione fisica,mentale e spirituale
3: Trasformazione e illuminazione (Unione con il Tao - Dio).
Poi vedremo come scegliere il patner adatto e qui la cosa si complica un po'.

La differenza fondamentale tra la natura sessuale dell’uomo e della donna è nella diversa natura dell’orgasmo.
Quando l’uomo perde il seme (eiacula) perde gran parte della sua forza costituzionale (Jing); mentre per la donna è completamente diverso..
L’orgasmo per la donna è una forma di rigenerazione a tutti i livelli:
fisico,energetico,mentale e spirituale.
Ecco perché si dice nel Taoismo: “la donna comanda la stanza da letto”.
E’ la regina su molti livelli.
L’uomo occidentale perde il suo seme ad ogni rapporto e così facendo diventa sempre più debole: si ammala più facilmente e invecchia velocemente.
La donna invece si rafforza sempre di più; infatti vediamo che la donna è normalmente più longeva dell’uomo.
Non bisogna pensare che l’uomo deve negarsi il piacere dell’orgasmo, ma deve imparare ad avere un'altra forma di orgasmo.
Con questa tecnica non perde il seme e può vivere la sessualità come una profonda pratica spirituale e di guarigione.
Si dice” La natura dell’uomo è yang e quindi facilmente eccitabile.
Si eccita facilmente ma con la stessa velocità si spegne.
La natura della donna è yin, si eccita lentamente e ci mette molto per trovare piacere”.
Insomma sono due mondi opposti e complementari che devono o possono trovare dei modi per comunicare ed imparare insieme.

Nell’Tao dell’amore i praticanti si alimentano a vicenda.
L’uomo raccoglie il massimo dello yin dalla donna e la donna il massimo dello yang dall’uomo.
Si inizia con delle pratiche respiratorie molto semplici, poi si continua mettendo in contatto le zone dei rispettivi Tan Tien (sotto l’ombelico) e in questo tocco si respira insieme.
In realtà inizia già uno scambio profondo dello yin e dello yang.
E principalmente si gioca,si sdrammatizza l’atto sessuale e ci si incontra su un piano diverso.
Di crescita e di alta spiritualità; il corpo e le sue innumerevoli energie vengono usati per crescere e comprendere di più la nostra relazione con l’universo.
Quando arriva il momento dell’orgasmo e qui siamo sempre nella prima fase
(gioco – piacere – istinto), la ritenzione del seme da parte del maschio lo rafforza e nutre il suo cervello (mare del Qi del midollo) e anche i reni.
La donna non è privilegiata per il fatto che non trattiene il seme ma possiamo dire che è assolutamente la dominatrice della stanza da letto.
Nel Tao dell’amore l’obiettivo non è la longevità o il piacere dei sensi.
Il fine è la conoscenza di noi stessi e di conseguenza della vita.

Il Lamento dell’imperatore giallo: 
“ Ho logorato il mio corpo, la mia mente, non ho più energia e ho perso completamente la felicità!”.
La Donna semplice gli rispose : “La ragione della tua debolezza sta nell’ errore che commetti quando ti unisci con una donna; non bisogna mai dimenticare che l’acqua spegne sempre il fuoco (lo yin prevale sullo yang in questo caso); quindi annulla anche il fuoco dell’uomo (il suo yang; lo yang del cuore e dei reni).
Per questo bisogna imparare l’armonia di miscelare lo yin e lo yang, senza disperdere nulla ma anzi accumulando forza e virtù!”.
Si sa o meglio la tradizione dice così che l’imperatore aveva chiesto anche all’avo Peng quali erano le arti per prolungare la vita a la saggezza e la risposta dell’immortale fu: “ Molte cose prolungano la vita; la bontà del cuore e la sua pace; alcune erbe, l’amore e la pratica dei principi universali, ma l’arte dell’alcova è la superiore di tutte.
L’uomo si accoppia con la donna e il cielo con la terra ; ed è per questo che cielo e terra (che sanno come fare) possono durare in eterno.
Ma l’arte dell’alcova è facile da capire ma molto difficile da applicare!”.

La lontananza dell’uomo dalla donna e viceversa è sempre negativa.
Insieme possono coltivare l’elisir di lunga vita e raggiungere livelli altissimi di realizzazioni spirituali.
Quando la pratica è corretta possono avare in una notte anche più di 10 rapporti.
Chi dei due conosce tutti i passi della pratica non deve rivelare tutti i segreti subito, perché l’ingenuità e il fatto di consegnarsi a cuore aperto, favorisce il movimento del Qi.
Gli spiriti comunicano tramite i corpi e in qualche modo si raccontano i segreti della vita universale; questo è meraviglioso.
Nell’arte dell’alcova tutto è armonioso: ogni gesto è dolce e carico di pace.
Si osservano i colori del compagno e lentamente si pratica in modo naturale;ma la naturalezza e la pace sono obbligatori.

La donna stimola e provoca l’energia dell’uomo, ma per dirigere il Qi dell’uomo in modo corretto il cuore della donna deve essere puro e il suo spirito calmo.
Ma per nutrire l’energia dell’uomo la donna deve aspettare che l’uomo si stabilizzi nel piacere fisico più alto; che poi viene trasformato in energia spirituale.
Il punto nella pratica non è ne il piacere fisico ne raccogliere il fluido vitale; per entrambi, ma solo avere quell’atteggiamento fisico,mentale,spirituale che in qualche modo richiama gli spiriti (Shen) nelle coscienze dei praticanti.
Quando gli Shen sono a casa,allora inizia la vera pratica, perché l’uomo e la donna sono guidati da queste intelligenze superiori.
Si dice che quando lo yang nutre lo yin non esiste malanno che non allontani.
Quindi la donna cerca lo yang dell’uomo e l’uomo cerca lo yin della donna.
E’ una forma di alchimia meravigliosa che genera la vita a tutti i livelli:
dal livello animale a quello spirituale.

Prima di qualsiasi rapporto l’uomo dovrebbe eccitare moltissimo la donna.
I segni sulla donna sono molto chiari; i segni che ci fanno capire che è pronta per la penetrazione.
Occhi lucidi; labbra umide o bagnate;contrazioni spontanee; come una sensazione di stordimento.
Qualche volta anche palpitazioni.
Le penetrazioni sono lente ma forti; poi si aspetta.
Normalmente ci sono 3 penetrazioni profonde e una superficiale.
Possiamo parlare di una figura mitica che trova nel Tao dell’amore una posizione centrale: è la regina madre d’occidente, si dice che è diventata immortale assorbendo il liquido seminale dei giovanetti inesperti.
La donna per la tradizione medica cinese difetta di sangue,ma può sostituirlo con lo sperma dell’uomo.
C’è quindi anche l’ipotesi dove è la donna che alimenta la propria vitalità grazie all’uomo.
In realtà se la tecnica è praticata in modo corretto, tutti e due incrementano la loro vitalità.
Nella coppia ci vuole una calma profonda; i cuori e le menti devono essere completamente in pace;il compagno si comporta come un innamorato al primo incontro: aspetta con calma che l’altro raggiunga il massimo godimento; solo così si può poi accedere a livelli di consapevolezza molti più alti.
E’ lo yin che nutre lo yang e viceversa.
Nel Tantra Taoista ci sono 3 stanze (o passaggi) da superare per arrivare allo yoga (unione con il Tao).
La prima stanza (la più difficile ) è la stanza di carne,qui bisogna liberarsi di tutti i pregiudizi,le paure,la finta moralità che abbiamo sul sesso.
Quindi si va a toccare le nostre radici e il nostro lato animale;liberiamo così le forze più oscure e potenti dell’energia sessuale e del desiderio.
Tocchiamo praticamente tutto quello che per noi è sempre stato vietato.
Il fine qui è il godimento dei sensi al massimo livello.
Questo passaggio è per noi molto difficile;primo non siamo tutti così disinibiti, poi la nostra cultura (cristiana cattolica) ci vieta un po’ questo modo di vivere la sessualità.
La seconda stanza è quella dei fiori dove i praticanti imparano a gestire,guidare e manipolare l’energia sessuale (Yuan Qi) a scopo terapeutico.
Qui la sessualità viene impiegata per curare i disturbi fisici,psicologici ed energetici dei praticanti.
Si utilizza l’orgasmo come strumento di cura.
I corpi si muovono come in una danza dove i canali dell’energia vengono stimolati a fini terapeutici.
La terza ed ultima stanza è quella della luce:
i praticanti nell’amplesso fanno congiungere tutte le loro energie sulle sommità del capo e realizzano i 2 yoga(unioni).
Prima la loro (si uniscono nel gesto sessuale) e poi la più importante:
fondono le loro energie con quella cosmica (yoga); realizzando così l’unione suprema con l’assoluto: Dio! Tao!
Questi sono i passaggi dello yoga Taoista del sesso.

Dragonero

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La Via del Ritorno... a Casa

venerdì 20 giugno 2014

Buddha: "Solo questo insegno: la sofferenza e la sua cessazione"

 LE QUATTRO NOBILI VERITA'
1. "La sofferenza"
2. "L'origine della sofferenza"
3. "La cessazione della sofferenza"
4. "La via che porta alla cessazione della sofferenza"

Le 4 Nobili Verità sono la base di ogni insegnamento buddista.
Esse sono rappresentate da definizioni apparentemente semplici, che sono tuttavia fonte di innumerevoli riflessioni, ricerche, meditazioni.
Tale insegnamento fu proclamato dal principe Siddharta, ovvero Shakyamuni, il Buddha storico vissuto nel 6° secolo a.C., nel Parco dei Daini a Sarnath presso Varanasi, in India.
Dice il Buddha: "Solo questo insegno: la sofferenza e la sua cessazione" (su: Majjhima-Nikaya).
Secondo la tradizione, Shakyamuni giunse a queste fondamentali e illuminanti verità meditando su nascita, malattia, vecchiaia e morte, eventi imprescindibili della condizione umana e non solo umana.
Le affermazioni contenute nelle 4 Nobili Verità ci mostrano che il Buddismo non inizia con "c'era una volta..." ma con un "c'è".
E non racconta favole, ma parla di cause e di effetti, di cose che si sperimentano e non di cose che, semplicemente, si credono, e men che mai di cose che si "devono" credere.

La Prima Nobile Verità:
"La sofferenza"
La Prima Nobile Verità enunciata dal Buddismo, come si vede, a differenza di ciò che accade nei miti e nelle religioni, non è un dogma, né un racconto mitologico, né qualche leggenda più o meno favolistica, e tantomeno una misteriosa rivelazione.
Niente di tutto questo.
La Prima Nobile Verità si occupa di qualcosa che ogni essere vivente può facilmente verificare per esperienza: la sofferenza "c'è".
Il Buddismo non si occupa del Cielo, o di luoghi immaginari e metafisici, come le religioni comuni, ma parte da TE, dalla tua esperienza. Il Buddismo non offre spiegazioni preconfezionate: invita semmai ad effettuare una ricerca personale su esperienze e sensazioni che sono alla portata di tutti.
E' opportuno tenere presente che nella lingua utilizzata dal canone buddista, ovvero la lingua Pali, di derivazione Sanscrita, la sofferenza è chiamata DUKKHA, che non significa semplicemente "dolore" quanto piuttosto situazione incongrua, insoddisfacente, incompleta.
Il termine DUKKHA deriva da due parole: DUH e KHA.
DUH è un prefisso negativo e KHA significa vuoto. Dunque DUKKHA sottintende qualcosa di inconsistente, insoddisfacente, illusorio.
Il termine italiano "sofferenza" è letteralmente molto più restrittivo di DUKKHA, quindi dobbiamo utilizzarlo, in riferimento alle 4 Nobili Verità, in senso esteso.
Scopriremo dunque che perfino gli stati considerati di piacere sono DUKKHA, perché hanno sempre in sé, quantomeno, qualcosa di non completamente appagante, di non completa realizzazione, di illusorio, di senso di perdita o altro.
Non stiamo dicendo che la condizione umana sia insopportabile oppure inevitabilmente triste e dolorosa. A volte il buddismo è erroneamente considerato "pessimista" perchè si scambia la comprensione di DUKKHA per una mera e rassegnata accettazione della sofferenza.
Non è così, il DHAMMA (l'insegnamento buddista) ci conduce alla cessazione della sofferenza, non alla rassegnazione, ma prima dobbiamo compenetrare nel loro vero significato le quattro Nobili Verità, la prima delle quali consiste appunto nell'imparare a vedere, a sentire, a capire DUKKHA.
DUKKHA è ovunque.
La sofferenza, in qualche forma, è ovunque, sia nell'uomo che in tutti gli esseri viventi, e in un certo senso anche nelle cose, negli oggetti, nel mondo, nell'universo. Tutto si può rovinare, consumare, logorare. Tutto è soggetto a mancanza-eccesso, a perdita, a morte.
Si badi bene: "c'è la sofferenza" non è una minaccia, non è una condanna, non è una sconfitta, non è una considerazione negativa, piuttosto, è come se si dicesse: "la realtà è esattamente così com'è", perché la vita è intimamente connaturata con DUKKHA.
Non si sta nemmeno dicendo che la sofferenza è "cattiva" o che è una cosa "negativa", il buddismo non si occupa di  attribuire valori o giudizi, semplicemente si sta sostenendo (del tutto serenamente!) che "c'è qualcosa che accade in ogni manifestazione di vita", e questo qualcosa che accade incessantemente non può essere espresso meglio di come la semplice frase "c'è la sofferenza", ovvero "c'è DUKKHA", può aiutarci a definire.
Si tenga conto che "c'è la sofferenza" è un punto di partenza, non di arrivo, e non necessita di una particolare illuminazione per essere compresa, sebbene anche le menti più illuminate possono continuare a trarre enormi benefici sulla costante meditazione sulle quattro nobili verità.
Si noti anche che "c'è la sofferenza" non pretende di descrivere o definire la realtà! Non si sta dicendo che tutta la realtà è fatta di sofferenza, ma che la sofferenza "c'è", che è cosa ben diversa.
"C'è la sofferenza" può produrre un risultato concreto sul piano della nostra comprensione perché la sofferenza non siamo "noi", e tantomeno essa è "dentro di noi" (sebbene possa ANCHE esserci) ma semplicemente la sofferenza "c'è".
DUKKHA non è dunque una rappresentazione tragica della realtà, al contrario, si tratta di una comprensione oggettiva, descrittiva ed impersonale. E' una "presa d'atto" di qualcosa che accade.
Molte persone combattono la sofferenza cercando illusoriamente di evitarla o di compensarla. Un po' come succede nei finali delle fiabe: "E vissero felici e contenti". Che equivale a dire "la sofferenza non c'è", o almeno che non ci sarà per moltissimo tempo.
Ma così si impedisce la comprensione di DUKKHA, e quindi anche la sua cessazione, preferendo il rimanere nell'illusoria ignoranza.
Alcune filosofie e religioni riconoscono nella sofferenza una imprescindibile condizione dell'umanità, tuttavia non ci si "arrende" all'evidenza di DUKKHA, e si cerca di volerla esorcizzare.
Al massimo si compensa: "c'è la sofferenza, ma..."
E' proprio quel MA che impedisce il cammino verso l'illuminazione, in cambio di mere consolazioni illusorie e fuorvianti.
"C'è la sofferenza, ma..."
"...un giorno saremo consolati"
"...se sappiamo sopportare saremo premiati"
"...prima o poi la sofferenza finirà"
"...dobbiamo avere fiducia e speranza"
e via di questo passo, di negazione in negazione, di illusione in illusione, fino ai casi estremi in cui la sofferenza è vista addirittura come "purificatrice".
Tutto questo significa NEGARE DUKKHA, impedire la comprensione, non vedere DUKKHA per quello che è.
Fare nostra la prima Nobile Verità del "c'è la sofferenza" ci libera dunque anche dalle nostre negazioni mentali, dai nostri istinti compensatori, dalle nostre fughe illusorie, dalla paura della realtà, e dalla paura di ciò che non si vuole comprendere.
Ecco allora che "c'è la sofferenza" ci appare addirittura come un grido liberatorio, un "rimanere tranquillamente qui" senza scappare e senza nascondersi.
DUKKHA diviene nostra maestra: ci aiuta a capire la condizione umana e universale, ci fa vedere la realtà delle cose, l'essenza di tutti i fenomeni.
Chi giunge a questa esperienza, è incamminato verso la cessazione della sofferenza.

La Seconda Nobile Verità:"L'origine della sofferenza"
La parola "origine" ci fa venire in mente una vastità di speculazioni filosofiche, mitologiche e religiose.
Ogni religione che si rispetti ha il suo bravo mito primordiale che si propone di spiegare, generalmente con storie semplici, adatte alla trasmissione orale, l'origine del mondo, delle stelle, del sole e della luna, dell'umanità, a volte perfino dei monti, laghi, mari, piante, fiori, ecc.
In questa seconda Nobile Verità il DHAMMA ci sorprende ancora per la disincantata noncuranza con cui evita qualsiasi pretesa di spiegare l'origine di Terra e Cieli, di uomini e animali, di fenomeni e misteri, per giungere piuttosto a scavare DENTRO DI NOI alla ricerca delle origini di DUKKHA, la sofferenza.
Ciò che interessa, nel buddismo, è l'interiorità: il mondo esterno ci riguarda, tutto sommato, solo nella misura in cui esso si riflette dentro di noi. Non è disinteresse: è consapevolezza dei propri limiti percettivi.
Se la sofferenza è spesso considerata, dalle leggende religiose e profane, una "punizione" del fato o di un dio, la sua origine è conseguentemente attribuita ad una qualche "colpa" primordiale.
Vedi ad esempio la biblica interpretazione della sofferenza umana come risultato della cacciata dall'Eden, a sua volta provocata dalla colpevole intenzione di avere desideri proibiti, o anche il mito di Prometeo e di come egli abbia sfidato gli dei con la scoperta del fuoco, ricevendo una sofferta punizione, e così via.
Nel buddismo non si parla mai in termini di colpe e di punizioni, semmai si parla semplicemente di cause e di effetti.
Se DUKKHA è dunque, come tutte le cose, l' effetto di una causa, qual'è mai questa causa?
La seconda Nobile Verità ci avverte che la causa di tutte le esperienze di sofferenza è l'avidità. L'attaccamento al desiderio, e non il desiderio in sé stesso, è la causa primaria di ogni sofferenza.
Perché questo attaccamento ai desideri? Perchè rappresentano la più comoda illusione di sconfiggere DUKKHA. Ciò è un paradosso, perché alimentando i desideri non solo non si elimina la sofferenza, ma si pongono le basi per rafforzarla.
Nel racconto greco del Vaso di Pandora leggiamo che oltre ai mali che affliggono l'umanità, dal mitico vaso uscì anche la Speranza, affinché gli uomini si potessero quantomeno ILLUDERE evitando così un suicidio di massa!
Ma se l'origine di DUKKHA è l'attaccamento al desiderio, sarà rinunciando ad esso che potremo farla cessare, senza l'inutile illusione basata su generiche speranze.
Va detto che come DUKKHA  non è facilmente traducibile, anche il concetto di "desiderio" inteso come ORIGINE di DUKKHA  è molto più esteso nella lingua Pali che in italiano.
Nei testi buddisti del canone in lingua Pali, ciò che solitamente si traduce con "desiderio" corrisponde a TANHA. Ma la miglior traduzione è "avidità", perché TANHA sottintende sempre una valenza egoistica, mentre un desiderio potrebbe anche essere del tutto nobile, come ad esempio il desiderio di incamminarsi sul sentiero dell'illuminazione (a patto di non farne un obiettivo da perseguire con bramosia, cosa paradossalmente possibile!)
Molte persone pensano erroneamente che la via buddista sia una via rinunciataria, al contrario non v'è nulla di più ambizioso che illuminare la propria mente per vedere e vivere la realtà così come essa è, senza illusioni e senza cieca ignoranza.
Tale equivoco è però alimentato dalle inadeguate traduzioni della parola TANHA.
L'avidità da cui ci si deve liberare sottintende una profonda paura dell'uomo circa la sua condizione esistenziale. Essa è un istintivo attaccamento a tutto, nella illusione che tale istinto compulsivo possa aiutarci ad essere più attaccati alla vita stessa.
E' come la disperata lotta di chi sta affogando: l'illusione di potersi afferrare all'acqua in realtà peggiora la situazione con un drammatico quanto inutile dimenarsi. E' una avidità di vivere che però porta alla morte.
Il "lasciarsi andare" nell'acqua per poter galleggiare, illustra efficacemente il tipo di atteggiamento di cui abbiamo bisogno per liberarci da TANHA.

La Terza Nobile Verità:"La cessazione della sofferenza"
Arriviamo così alla terza Nobile Verità: la sofferenza può CESSARE. L'onnipresente DUKKHA si puo' sconfiggere, a patto di riuscire a rinunciare a TAHNA, ovvero al nostro istinto a rimanere attaccati ai nostri desideri.
Questo passo può sembrare difficile, e dal punto di vista della mentalità comune lo è certamente.
Ma tale difficoltà non ha nulla a che fare con sforzi mentali, impegni volontari, esercitazioni del pensiero. Al contrario, si tratta di LASCIAR ANDARE.
Il punto è: COSA lasciar andare, e COME? Le parole sono particolarmente inadeguate quando ci addentriamo in questa terza Nobile Verità, perché si tratta di realizzare un'ESPERIENZA che ci porta a vedere "improvvisamente" tutte le cose in modo DIVERSO.
La cessazione della sofferenza è un RISVEGLIO, una RINASCITA, una ILLUMINAZIONE.... finalmente ci accorgiamo che tutto è IMPERMANENTE e che non ha senso correre o stare fermi, capire o non capire, definire o rimanere nel mistero.
Non siamo più schiavi del desiderio perché ci liberiamo DALLA SUA LOGICA di continua ricerca di nuove sazietà, che sembrano rincorrere una infinita serie di apparenze vuote.
La cessazione della sofferenza ci rende immutabili anche di fronte all'esperienza della morte: se non c'e' attaccamento, non c'e' sofferenza. Se si muore, CHI è che muore? CHI è che nasce? CHI è che vive? Non fa differenza: le cose accadono perché mosse dalla Legge Causa-Effetto. Tutto è impermanente e tutto muta. Tutto si modifica e tutto si ripresenta.
Quando si realizza la terza Nobile Verità si può avere la sensazione che il sentiero del Buddha ci consenta di raggiungere un potere straordinario e inatteso: chi si aspetterebbe che il buddismo, oltre ai corsi di meditazione, oltre alla recitazione dei mantra, oltre a quelle che molti ritengono delle semplici tecniche di autocontrollo psicofisico, potesse realizzare una INESPRIMIBILE condizione di totale LIBERTA' dalle angosce umane e dai bisogni illusori?
Eppure il "segreto" di questa trasformazione in grado di ridefinire il nostro modo di vedere e di sentire è tutto racchiuso nella semplice formula: "C'è la cessazione della sofferenza".
Più dettagliatamente, per realizzare il corretto atteggiamento mentale in grado di condurci sul sentiero dell'illuminazione, abbiamo bisogno della quarta ed ultima Nobile Verità. "C'è la via che porta alla cessazione della sofferenza", ovvero l'ottuplice sentiero.
La Quarta Nobile Verità:"La via che porta alla cessazione della sofferenza"
Qual'è la Nobile Verità del Sentiero che conduce alla cessazione di DUKKHA

La Quarta Nobile Verità afferma:
"C'è la via che porta alla cessazione della sofferenza"
Qual'è la Nobile Verità del Sentiero che conduce alla cessazione di DUKKHA?
E' il Nobile Ottuplice Sentiero
e cioè:
Retta Comprensione (samma ditthi)
Retta Motivazione (samma sankappa)
Retta Parola (samma vaca)
Retta Azione (samma kammanta)
Retta Vita (samma ajiva)
Retto Sforzo (samma vayama)
Retta Consapevolezza (samma sati)
Retta Concentrazione (samma samadhi)
Questi otto fattori costituiscono l'essenza dell'ideale di vita buddhista. Sono un programma attentamente considerato di purificazione del pensiero, della parola e delle azioni che ha come risultato finale la totale cessazione dell'avidità e il conseguente sorgere dell'Illuminazione, la Perfetta Saggezza.
Gli otto fattori non sono tappe da percorrere in sequenza, una dopo l'altra, bensì rappresentano una sinergia di elementi paragonabili ai fili attorcigliati che formano un'unica fune.
E' tuttavia inevitabile presentarli in sequenza, sebbene praticare l'Ottuplice Sentiero non deve essere confuso con il semplice apprendimento teorico del medesimo.

Retta Comprensione (samma ditthi)
La Retta Comprensione ci accompagna per tutto il cammino dell'Ottuplice Sentiero. Le convinzioni condizionano le azioni, ma anche il modo di percepire. Comprendere rettamente è molto di più di un semplice sapere.
Comprendere significa che dobbiamo lasciar andare il nostro istintivo attaccamento a noi stessi, alle cose e alle persone, la passato, al presente e al futuro, al desiderio e a tutti i nostri presunti bisogni.
Comprendere significa capire che l'avidità è sofferenza, l'attaccamento è sofferenza, il desiderio egoistico è sofferenza.
Il Buddha disse: "Che cos'è la Retta Comprensione? La comprensione della sofferenza, la comprensione dell'origine della sofferenza, la comprensione della cessazione della sofferenza, la comprensione della via che conduce alla cessazione della sofferenza".
Comprendere significa dunque abbracciare le quattro Nobili Verità e fare di loro lo strumento del nostro risveglio interiore, che ci consentirà di vedere in modo completamente diverso tutte le cose, e cioè "semplicemente come esse sono", senza il velo delle nostre illusorie percezioni.
Retta Motivazione (samma sankappa)
Questo fattore è anche tradotto con "Retto Pensiero".
Si tratta degli aspetti intenzionali e decisionali della mente, fermo restando che quelli cognitivi appartengono al primo fattore, cioè alla Retta Comprensione.
La diversificazione, come detto, è puramente concettuale, perché non si dà intenzione senza una chiara visione. Tuttavia se la comprensione non è "retta", nessun pensiero decisionale potrà essere efficace.
L'insegnamento buddista precisa che la motivazione è "retta" quando realizza spinte positive consistenti nel non-attaccamento, nell'amorevolezza e alla non violenza.
Analogamente, bramosia, inimicizia e violenza impediranno lo sviluppo del Retto Pensiero.
Chi abbia compreso la giustizia distributiva del KARMA, ovvero l'armoniosa Legge di causa-effetto, perseguirà scopi in accordo con tale Legge, e le sue motivazioni diverranno "rette" proprio perché scaturiranno da una mente rinnovata, che spontaneamente tenderà sempre più a sviluppare atteggiamenti benevoli verso tutto e tutti.
Attraverso le pratiche meditative, viene facilitata l'acquisizione del giusto atteggiamento mentale che, indipendentemente dalla nostra volontà cosciente, potrà ribaltare la nostra istintiva avidità, trasformandola in tranquilla rinuncia, in non-desiderio, in non-azione. Al tempo stesso, anche la nostra istintiva avversione, o fuga dalla realtà, troverà un opportuno "antidoto" nell'atteggiamento di benevolenza universale, che sostituirà alla paura un "andare verso" le cose senza alcun timore.
Retta Parola (samma vaca)
Retta Azione (samma kammanta)
Retta Vita (samma ajiva)
Unifichiamo in una sola trattazione i tre fattori suddetti perché essi nel loro insieme formano la prima ripartizione dell'Ottuplice Sentiero, ovvero la disciplina morale (Silakkhandha).
Nel Buddismo non esistono norme vere e proprie, fini a sé stesse o che impongono obbedienza. E allora perché si parla di disciplina morale? Le intenzioni non sono etiche, ma puramente spirituali, sebbene indirettamente producano ANCHE un notevole risultato etico.
Il Dharma si occupa molto di benessere sociale e di compassione per tutti gli esseri viventi, tuttavia nell'ottuplice Sentiero le intenzioni sono interamente dedicate alla liberazione individuale ed interiore da DUKKHA.
Il termine pali SILA, tradotto con "etica", implica una sovrapposizione di significati: una condotta conforme ai principi morali, i principi stessi, le virtù che scaturiscono dalla "retta vita".
A differenza delle religioni monoteistiche, che concettualizzando un dio paternalistico sono costrette a sviluppare etiche di obbedienza, magari all'insegna del timore, il Buddismo punta piuttosto ad una idea di ARMONIA fra tutti gli esseri viventi e tutte le cose.
Quindi nessuna indicazione andrà vissuta come rigidamente normativa, perché si tratta di fattori che ci aiutano a liberarci da DUKKHA. Ecco perché non ci interessa la semplice osservanza formale o l'applicazione troppo letterale: piuttosto dobbiamo scavare con la mente dentro questi principi per assaporarne il piacevole e benefico apporto.
Detto questo, passiamo a commentare i tre passi che caratterizzano Silakkhandha. Retta Parola: sia la forma verbale che scritta della comunicazione possono avere enormi conseguenze. La parola può spezzare vite, creare nemici, ma anche infondere saggezza e fondare la pace
Il Budda espone quattro tipi di retta parola: astensione da parola falsa, da parola che calunnia, da parola aspra e da parola oziosa.
Con Retta Azione si intende, in generale, un uso appropriato di noi stessi e del nostro corpo. Ovviamente l'aspetto principale della retta azione riguarda il non nuocere agli altri, ma anche non prendere ciò che non è dato. Si noti che non ci si limita all'astensione dal furto, ma anche da un possesso troppo bramoso. Nella retta azione va considerato anche un sano atteggiamento nei confronti della sessualità, rispettoso delle esigenze, dei ruoli e degli impegni di ciascuno.
Con Retta Vita si intende infine il guadagnare appropriatamente i mezzi di sussistenza. Questo fattore è anche detto "Retti Mezzi". Tra i mezzi di sussistenza nocivi a sé e agli altri, il Budda ne elenca almeno cinque: commercio di armi, di esseri umani (ovviamente all'epoca del Budda esisteva lo schiavismo), di carne, di veleni e di sostanze comunque nocive alla salute.
In generale, qualsiasi mezzo di sussistenza che dovesse implicare danno o sofferenza negli altri va evitato. Questo è il corretto atteggiamento buddista, indipendentemente dalla mera osservanza formale di regole.
Retto Sforzo (samma vayama)
La purificazione della condotta attraverso i 3 precedenti fattori prepara alla seconda partizione del sentiero: quella della Concentrazione (Samadhikkhanda).
Attraverso l'atteggiamento mentale etico di Silakkhandha (Parola - Azione - Mezzi di vita) giungiamo cosi all'educazione mentale vera e propria, costituita da: Retto Sforzo, Retta Consapevolezza, e Retta Concentrazione.
Lo scopo ultimo dell'ottuplice Sentiero è quello di produrre lo stato di visione profonda (saggezza) che sarà lo strumento principale della liberazione da DUKKHA.
Questo non vuol dire che coloro che praticano l'ottuplice sentiero non possano provare stati di dolore sia fisico che morale, ma certamente l'atteggiamento con cui potranno affrontare tutte le cose sarà sempre immune da illusioni, angosce, timori, preoccupazioni, a patto che si realizzi correttamente la giusta visione di saggezza.
Tornando a Samadhikkhanda (ovvero Sforzo - Consapevolezza - Concentrazione) un esempio molto semplice illustra l'interazione di questi 3 fattori, e di come essi concorrano insieme nel realizzare la Concentrazione.
Tre bambini giocano in giardino, e decidono di cogliere i fiori di un albero, che però è troppo alto. Allora, il primo bambino piega la schiena per far salire il secondo, che però in una simile posizione precaria barcolla, quindi il terzo bambino gli offre come appoggio la propria spalla. Finalmente, grazie allo sforzo del primo bambino e all'appoggio del terzo, il secondo bambino riesce a raggiungere i fiori.
Il bambino che, sollevato, arriva ai fiori rappresenta la Concentrazione, la cui funzione è quella di unificare la mente. Per farlo, ha bisogno delle energie del retto sforzo (simboleggiato dal bambino che lo regge sulla schiena) ma anche della stabile consapevolezza fornita dall'attenzione, simboleggiata dal terzo bambino.
Il termine "sforzo" non deve indurre a pensare che debba trattarsi di una fatica mentale, in realtà si tratta di lasciar fluire la nostra energia che richiede indubbiamente costanza e applicazione, tuttavia senza eccedere. Si può pensare ad uno "sforzo senza sforzo". O anche, con le dovute distinzioni, alla "forza della non-azione".
Resta il fatto che ognuno è direttamente responsabile della propria liberazione. Che il Buddismo produca personalità passive come vorrebbero alcuni pregiudizi è totalmente inesatto, al contrario il cammino buddista non aspetta miracoli dal Cielo, ma punta sull'educazione della mente, chiave di volta dell'intero Sentiero.
L'inizio del cammino dell'ottuplice Sentiero è infatti una mente inquinata, contaminata e confusa; la realizzazione è la mente liberata, purificata e illuminata dalla saggezza.
Questo stato, oltre ad una corretta visione, crea una condizione particolarmente favorevole a modificare il proprio karma, ottenendo facilmente dei benefici di ogni tipo che ogni persona anche semplicemente incamminata su questo Sentiero sperimenta innumerevoli volte, attraverso la realizzazione di obiettivi, la significatività delle sincronicità temporali, l'elevazione del proprio stato vitale.
Le tecniche di meditazione e la recitazione dei mantra sono la "palestra mentale" che facilita il raggiungimento di questi risultati e costituisce un ottimo metodo per realizzare correttamente il Retto Sforzo.
Retta Consapevolezza (samma sati)
Il Buddha afferma che il DHAMMA (Darma in sanscrito), la vera natura delle cose, è direttamente conoscibile, senza tempo, e chiede di essere toccato e visto, sebbene tale esperienza sia inesprimibile.
La verità ultima è dunque dentro di noi, ma affinché divenga liberante, deve essere vissuta. Non serve accettarla per fede, in virtù dell'autorità dei testi o del maestro, né comprenderla intellettualmente.
La si deve conoscere personalmente attraverso la visione profonda, la si deve interiorizzare e fare propria, perché è un conoscere ma allo stesso tempo un immediato vedere.
La parola in lingua pali SATI viene tradotta con "consapevolezza", tuttavia un significato più completo è "facoltà mentale che consente una visione profonda e panoramica, centrata sul presente, emotivamente neutra e distaccata".
La retta Consapevolezza non è dunque il semplice "stato cosciente" bensì è una coscienza portata ad un'intensità particolare in cui la mente è mantenuta in uno stato di nuda attenzione, ovvero osservazione distaccata di quanto sta accadendo dentro di noi e attorno a noi "qui ed ora".
Consapevolezza "senza scelta e senza giudizi", che osserva senza selezionare e senza afferrare, e che non cede nella rete dei pensieri discriminanti.
nella pratica della retta Consapevolezza, la mente viene educata a rimnanere nel momento presente, aperta, calma e sollecita, tutta intesa all'esperienza dell'evento attuale.
Giudizi e interpretazioni sono sospesi o, se si presentano, vengono registrati e subito abbandonati.
L'obiettivo è la pura osservazione di tutto ciò che si produce nel momento in cui si produce, cavalcando l'incalzare degli eventi come un abile surfista cavalca le onde dell'oceano.
Ecco perché molti maestri, specialmente nello Zen, istruiscono i loro discepoli con affermazioni apparentemente enigmatiche del tipo: "quando mangi, mangia; quando cammini, cammina..."
La mente consapevole non oscilla tra passato e futuro ma resta ancorata nel presente. Tale forza mentale può essere efficacemente utilizzata sia in modo indirizzato sull'oggetto (obiettivo) che per produrre la visione profonda di saggezza.
La retta Consapevolezza viene anche coltivata mediante una pratica insegnata dal BUDDHA stesso, chiamata "le quattro basi della presenza mentale", che consiste nella contemplazione consapevole delle quattro sfere della percezione: il corpo, le sensazioni, gli stati mentali e i fenomeni.
Retta Concentrazione (samma samadhi)
Lo stato di SAMADHI (tradotto con Concentrazione) è il risultato di una costante PRATICA MEDITATIVA.
Esso è caratterizzato da un atteggiamento mentale "unificante", ovvero che indirizza le energie mentali in una chiara direzione, senza dispersioni o confusione.
Il SAMADHI non è realizzabile in presenza di contenuti distruttivi, come ad esempio l'aggressività.
La mente concentrata ha due caratteristiche specifiche: l'incrollabile attenzione verso un oggetto e la conseguente calma delle funzioni mentali. Qualità che la differenziano nettamente dalla mente non concentrata, la quale produce fatica mentale nel caso dell'attenzione, che sarà poi inevitabilmente discontinua e inefficace.

SAGGEZZA o ILLUMINAZIONE
Benché la Retta Concentrazione occupi l'ultimo posto fra i fattori del Nobile Ottuplice Sentiero, non rappresenta il culmine del cammino. La Concentrazione rende la mente salda e ferma, ne unifica i componenti, spalanca paesaggi di beatitudine, forza e serenità. Ma, da sola, non basta a raggiungere il fine più alto: la liberazione dalle catene di DUKKHA per mezzo della saggezza, ovvero della mente finalmente illuminata.
Per mettere fine a DUKKHA occorre fare dell'Ottuplice Sentiero uno strumento di elevazione spirituale e utilizzarlo per sviluppare la visione profonda capace di svelare la verità ultima delle cose che, come detto precedentemente, può realizzarsi solo attraverso l'esperienza personale, secondo modalità particolari che sono specifiche di ognuno.

Fonte
http://www.fiorediloto.org/ottuplice.htm
http://divinetools-raja.blogspot.it/
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