Riconoscere la prossimità allo stato di veglia

Una delle difficoltà più importanti che mi trovo a fronteggiare quando cerco di spiegare ad altri quello che in passato è successo a me, riguarda l'insegnare a riconoscere la prossimità allo stato di veglia. Le persone infatti si avvicinano sovente – più sovente di quanto crediamo – allo stato di veglia, ma non lo riconoscono e lo rifuggono in quanto troppo doloroso.

Un autentico ingresso nello stato di veglia, infatti, provoca un dolore che solitamente parte dal plesso solare e si diffonde sia fisicamente che emotivamente lungo l'intera macchina biologica. Dal momento che culturalmente associamo alle esperienze spirituali solo sensazioni di beatitudine ed estasi, tentiamo di scacciare proprio quelle esperienze spirituali “di picco” – elevate dosi di sofferenza emotiva o fisica – che ci aprirebbero le porte del risveglio.

Tali esperienze sono lì con lo scopo di svegliarci, ma noi non siamo sufficientemente coraggiosi da “cavalcare la tigre” o “spalancare la bocca del leone” (come fa la donna dell'arcano numero 11, La Forza).

Correva l'anno 1993. Era da poco uscito al cinema Bagliori nel buio, e questo è già un fatto degno di nota. Quel giorno mi trovavo in uno stato di rabbia a causa di qualcosa che era accaduto poche ore prima. Nel corso d'un servizio notturno durante il periodo della mia vita che ho trascorso nel reparto dei carabinieri paracadutisti del Tuscania si era verificato un fatto increscioso: un mio collega aveva accusato me d'un errore di fronte ai superiori e io non potevo dimostrare di aver ragione. Inoltre sapevo che il collega era pure in buona fede, ossia che non si era realmente accorto di essere stato lui a sbagliare e non io, perché dal suo punto di vista lui aveva semplicemente seguito le procedure corrette d'ingaggio. Insomma, tutti avevano fatto le cose bene, ma nonostante questo alla fine c'era stato un incidente e qualcuno si era fatto male nel corso s'un conflitto a fuoco (eravamo di servizio in Sicilia nell'ambito dell'operazione denominata Vespri Siciliani).


Stavo ribollendo di rabbia. Una rabbia che aumentava per il fatto che tutta la situazione sapeva di assurdo e che in realtà non avevo nessuno con cui prendermela veramente per ciò che mi stava accadendo. Era un rabbia simile a quando ci accade qualcosa a cui non possiamo più rimediare. Oramai è successo e possiamo solo starci male, perché anche se ce la prendiamo con qualcuno... non cambia nulla. Come quando ti muore un parente durante un intervento e cerchi di far tacere il tuo dolore incolpando il chiururgo.


La cosa che mi bruciava di più era che io, pur essendomi comportato bene, avevo fatto la figura dello stupido.
Non potendo lasciare quel luogo dove ero circondato da colleghi, feci una cosa che poi avrei fatto ancora molte volte nella mia vita: mi isolai rinchiudendomi nel bagno.
E qui accadde per la prima volta.
La mia macchina biologica entrò in uno stato di veglia.



All'epoca non sapevo nulla di “lavoro su di sé”, per cui a un certo punto, mentre ero seduto sulla tazza del cesso a bestemmiare, in maniera del tutto spontanea smisi di pensare agli “attori” del teatrino che stavo vivendo, smisi soprattutto di pensare a come avrei voluto sfogare su di loro la mia rabbia, e la mia attenzione si posò sul mio plesso solare particolarmente infuocato.


Tutto accadde da sé. Si verificò un istante di silenzio assoluto. E poi fu come scivolare nella tana del Bianconiglio. Ebbi la sensazione che alcune aree della mia testa prendessero fuoco, come se un liquido caldo si muovesse attraverso canali che prima non ne erano mai stati irrorati. Un formicolio prese origine da dietro la nuca e si diffuse in tutto il mio corpo fino a raggiungere la punta delle dita.


L'angusto gabinetto in cui mi trovavo rimase lo stesso... ma non era più lo stesso. Chiunque tenti di descrivere questo genere di mutamento della percezione di solito fallisce miseramente. Forse il modo più corretto per affrontare la questione è affermare che finalmente vedevo quel gabinetto per quello che era, come se mi fosse caduto un velo. Il lavandino, lo specchio, l'asciugamani... era tutto più “vivo” rispetto a prima e io stesso mi sentivo più “vivo” rispetto a prima.


La mia mente taceva e io non ero più arrabbiato. Il fuoco che fino a poco prima aggrediva il mio plesso solare tanto da causarmi nausea, si era sciolto e distribuito lungo i nervi di tutto il mio corpo.
Ero salito su un altro piano di energia. Vibravo a un'altra velocità.


Nonostante non capissi niente di quello che mi stava accadendo, mi rendevo conto di stare meglio di prima ed ero contento. In effetti il problema con il mio collega e il relativo incidente avevano perso ogni connotazione negativa. Questa consapevolezza, ossia il fatto che la sofferenza legata alla situzione non fosse oggettiva ma dipendesse unicamente dal mio stato di coscienza, mi rese gioioso. Sentivo che davanti a certe situazioni della vita non era obbligatorio soffrire!
Mi venne da piangere e lo feci.



La mia macchina biologica rimase sveglia per pochi minuti, poi tutto tornò come prima... o quasi; restai in uno stato leggermente alterato (come se avessi fumato) per il resto della giornata e parte della notte. Non ne parlai a nessuno e con il tempo – incredibilmente – dimenticai l'episodio e tornai alle mie rabbie quotidiane. Non avevo ancora un contesto intellettuale a cui ancorare ciò che mi era accaduto, per cui l'esperienza in breve tempo si volatilizzò. Sarebbe ritornata alla mia memoria molti anni dopo, quando avrei deciso d'intraprendere un percorso di crescita interiore.


Quanto più dolore proviamo tanto più siamo vicini a un'esperienza di risveglio dell'apparato psicofisico. La sofferenza della macchina biologica indica la prossimità allo stato di veglia. A questo punto una chiave importante è l'Attenzione: restare concentrati sul dolore e non disperdere l'energia. Si tratta di mettere in pratica un principio alchemico: cuocere a fuoco lento la materia. Se la macchina si surriscalda significa che non si trova più nella zona di comfort e tende a entrare nello stato di veglia. Se resistiamo alle alte temperature è probabile che riusciamo a svegliarla... almeno per un po'.


Il surriscaldamento della macchina, che noi percepiamo come sofferenza emotiva, non va vissuto in maniera negativa, ma come segnale certo d'un fenomeno eminentemente spirituale. A questo punto è importante non reagire con la fuga o con la vendetta nei riguardi delle persone che ci circondano, perché questo diminuisce il regime della fiamma e allontana dal Regno dei Cieli. Ma, ovviamente, non dobbiamo esagerare, perché ogni alchimista possiede un diverso livello di tolleranza al fuoco e il rischio è quello di “bruciare” l'apparato psicofisico rendendolo inservibile.


Per evitare di disperdere l'energia abbassando il regime della fiamma è indispensabile smettere di considerare gli eventi esterni come causa delle nostre sofferenze. Questo è il passo più difficile e allo stesso tempo fondamentale. La proiezione del nostro stato emotivo sulle persone intorno a noi costituisce infatti una trappola terribile. Arrabbiarsi con qualcuno che si trova all'esterno di noi equivale a far “sfiatare” una condotta per ridurne la pressione all'interno. E in effetti talvolta può risultare indispensabile ridurre la pressione all'interno della maccchina biologica per evitare che esploda.


Le nostre cariche emotive irrisolte creano letteralmente il nostro futuro... o meglio, l'illusione del futuro, perché in verità a un certo punto ci sarà evidente che lo scorrere stesso del tempo è solo un'illusione originata dalla ripetizione seriale di episodi tutti analoghi. La trasmutazione della carica emotiva sarebbe infatti di per sé un'operazione istantanea, slegata dal tempo e dal concetto di “percorso”. Ma se il l'apparato psicofisico non è capace di reggere elevati livelli di fuoco in una sola volta, allora la vita “frantuma” il processo di trasmutazione in episodi differenti la cui successione dà origine alla sensazione del tempo che scorre in avanti.


[Dopo aver scritto i due post più importanti di questo blog, posso anche riposare per un paio di mesi.]


Salvatore Brizzi
(occupazione: domatore di fiumi)







http://divinetools-raja.blogspot.it/ La Via del Ritorno... a Casa

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