SCARDINARE IL SISTEMA TECNOGENO

Anteprima del nuovo libro di Vadim Zeland, Scardinare il Sistema Tecnogeno
Siete in grado di crearvi il mondo che più vi piace
Oggi è di gran moda parlare del fatto che il pensiero è materiale. Come fisico, posso dichiarare, con una certa autorità, che quest’affermazione è un’assurdità. Il pensiero non è materiale se non altro perché non può venir registrato dagli strumenti fisici di rilevazione e non ha una velocità di propagazione. Non appena pensate a qualcosa, il vostro pensiero si ritrova immediatamente ai margini dell’Universo, senza subire alcun ritardo (di trasmissione). L’elettroencefalogramma registra gli impulsi cerebrali risultanti dall’attività mentale del cervello, ma non i pensieri. Allo stesso modo, le lampadine che lampeggiano sul computer non mostrano i programmi stessi ma il processo della loro elaborazione.
Quando si tratta di energia, invece, è tutto più semplice: l’energia può essere fissata, sentita e anche visualizzata dall’oscilloscopio. Con i pensieri, invece, la questione è molto più complicata. Se qualcuno dice di essere in grado di spostare degli oggetti con “la forza del pensiero”, di nuovo, non è proprio così. Gli oggetti vengono mossi dall’energia. Essa sì è materiale. I pensieri, invece, non lo sono.
Ma cos’è un pensiero, ci avete mai riflettuto? Parlando del pensiero è chiara solo una cosa: esso contiene un certa informazione. Ma che cos’è esso precisamente, lo potete spiegare? Allo stesso modo, non si può spiegare cosa sia l’infinito. Immaginate di muovervi sempre più lontano dalla Terra, di oltrepassare il sistema solare, di volare al di là della galassia, di lasciarvi alle spalle tutti gli ammassi stellari, di raggiungere i confini del nostro Universo e di vedervi, forse, venire incontro già altri universi e altri ancora, e così all’infinito… Ebbene, tutto ciò è impossibile da immaginare, per quanto ci si voglia sforzare. Io, personalmente, immaginando questa situazione, provo un senso di smarrimento e di disagio nella mia mente. Come può essere una cosa del genere?
Ma non è tutto. Esiste un fatto che crea un disagio ancora maggiore: l’infinito e il punto. L’infinito e il punto sono topologicamente la stessa cosa. Immaginate di muovervi nell’infinito non verso l’esterno ma verso l’interno: superata la molecola, l’atomo, volate oltre gli elettroni che orbitano attorno al nucleo come pianeti, vi introducete nel protone e dentro il protone ecco già i quark, e così via, in un percorso anch’esso infinitamente lontano e lungo. Nessuna fine, nessun inizio e nessun modo per trovarli. E neppure un sostegno, un fondamento, una piattaforma su cui far atterrare la propria ragione nel tentativo di capirci qualcosa.
Che fare? Si è costretti ad accontentarsi di modelli che, con un’approssimazione grossolana, spiegano chi siamo e in quale mondo viviamo. Diversamente, “la nostra ragione perderebbe il lume della ragione”. Ed è così che avviene: se la ragione perde il suo appoggio in questo mondo, il suo “punto di unione” viene spostato in un altro mondo, parallelo, col risultato che la persona, secondo l’opinione degli altri, “ha perso la ragione, è impazzita”. Resta il fatto che, comunque si cerchi di dare una spiegazione, qualsiasi siano i modelli che vengono costruiti, i problemi rimangono irrisolti, ora così come lo erano prima. Anche il modello del Transurfing è una delle tante possibili interpretazioni, elaborata per cercare di spiegare più o meno chiaramente alla ragione come affrontare questa realtà strana e incomprensibile. L’unica consolazione è che questo modello, se non spiega proprio tutto, quanto meno funziona.
Il principio alla base del Transurfing è che l’uomo con i suoi pensieri si forma la sua realtà. Sembrerebbe strano: perché mai un fenomeno del genere è possibile, se i pensieri non sono materiali? Risposta: perché i pensieri non si trovano nella testa ma nello spazio metafisico e non materiale delle varianti, che conserva in modo stazionario tutto ciò che era, è e sarà.
I pensieri sono come i canali del televisore, e l’uomo è semplicemente un biotelevisore perfetto, in grado di connettersi a piacere all’uno o all’altro settore particolare dello spazio, dove si trovano questi stessi pensieri, “programmi televisivi”. E, similmente a un televisore, l’uomo non “genera” i programmi, li capta.
Tutti gli esseri viventi del nostro mondo “sono connessi” a un qualche programma. Le piante hanno i loro programmi, rigorosamente fissi. Gli esseri che sanno strisciare, nuotare, correre, volare, hanno dei programmi più flessibili, ma comunque “cuciti” in modo piuttosto aderente, a livello di istinti. Solo l’uomo è in grado di saltare liberamente e consapevolmente da un “canale” all’altro. Purtroppo, però, egli non utilizza pienamente questa sua possibilità e ciò a causa del fatto che si appassiona troppo al “serial televisivo mandato in onda” nella sua realtà. Questo serial, spesso triste, non finisce mai perché “il telecomando” si trova bloccato sullo stesso tasto.
L’uomo, però, è in grado di prendere in mano “il suo telecomando” e cambiare canale. Sì, la realtà non cambierà immediatamente: all’inizio, per forza di inerzia, verrà trasmesso lo stesso programma, ma se si insisterà a premere sul tasto giusto, il vecchio serial lascerà progressivamente posto alle scene del nuovo programma e alla fin fine la nuova realtà sostituirà completamente quella precedente. Così si materializzano i pensieri. L’unica condizione che bisogna osservare strettamente è la seguente: affinché la forma-pensiero si materializzi, è necessario fissare su di essa la propria attenzione a lungo e in modo sistematico.
Nella teoria del Transurfing ci sono diversi modelli “dimostrativi” che illustrano come questo funzioni. Uno di essi è stato creato in analogia al procedimento di sintonizzazione della radio su una frequenza: le persone capitano su quella linea della vita i cui parametri corrispondono all’“emissione mentale” che hanno in testa. In altre parole, ci si trova nella realtà corrispondente alla frequenza d’onda su cui ci si è sintonizzati.
Faccio notare che i termini “emissione mentale” ed “energia del pensiero”, usati nei primi libri, non sono pienamente corretti e servono più a facilitare la comprensione del concetto che a spiegare la struttura del mondo. Ci dimentichiamo sempre di trovarci in piedi di fronte allo specchio del mondo, per questo molte cose ci sembrano girate a testa in giù. Ripeto, noi non “emettiamo pensieri”, ma facciamo esattamente il contrario, ci colleghiamo ad essi poiché essi si trovano lì dove devono essere gli oggetti non materiali, nello spazio metafisico. Come avvenga esattamente questo collegamento nessuno lo sa.
Per farsi un’idea del processo, si può dire che all’inizio è come se illuminassimo con la torcia della nostra attenzione un certo settore dello spazio delle varianti e intercettassimo le informazioni lì presenti, ragion per cui ci sembra che i pensieri nascano nella nostra testa; in seguito, se quest’illuminazione viene fatta durare per un tempo piuttosto lungo, succede che la forma-pensiero corrispondente si incarna nella realtà, si materializza.
Un altro modello utilizzato nel Transurfing è quello dello specchio. La realtà che ci circonda è l’immagine speculare (se non proprio precisamente speculare, ad essa si avvicina molto) di ciò che si trova nei nostri pensieri. E qui è tutto molto semplice: il compito di ciascuno è solo quello di formare quell’immagine che vuole vedere nello specchio. Se volete vedere una faccia felice, vi basterà sorridere; se volete che l’immagine riflessa vi venga incontro, vi basterà fare un passo in avanti. Tuttavia, la difficoltà sta nel fatto che gli uomini cadono facilmente prigionieri dell’illusione speculare. Come incantati, senza staccare gli occhi, fissano lo specchio, cioè la realtà che li circonda. Ed esattamente come succede in sogno, si dimenticano di se stessi e della propria immagine di partenza, non si ricordano che dovrebbero seguirla e mantenerla consapevolmente nella forma desiderata.
Sembrerebbe che non ci sia nulla di difficile in questo processo, non è così? Basta distogliere l’attenzione dallo specchio, reindirizzarla verso l’immagine di partenza, formare l’immagine che si vuole vedere e poi osservare quello che succede nel riflesso. Ma no, l’uomo fa esattamente il contrario: di fronte alla “dura realtà” si spaventa, crede che sia veramente così e così sempre sarà, si fissa un modello mentale e vive in questa realtà triste, senza avere la forza di distogliere lo sguardo dallo specchio e dirigerlo su di sé, sui suoi pensieri, e trovare lì un tasto da schiacciare per cambiare.
Anche in questo caso si pone l’annosa questione: che cosa possiamo fare? La prima cosa da fare è mantenere la consapevolezza, fare in modo che lo specchio non ci trascini nel suo incantesimo come in un sogno. In secondo luogo occorre guardare non lo specchio, ma se stessi. Solo se si osservano queste due condizioni, la realtà circostante, cioè lo strato del vostro mondo, comincerà a cedere, non da subito, ma a poco a poco. L’importante è tenere costantemente e fermamente nei propri pensieri l’immagine desiderata, indipendentemente da quello che sta accadendo nella realtà. Comunque l’immagine riflessa, alla fin fine, si conformerà all’immagine di partenza. Non ha altra scelta!
più vi piace. Quando la vostra attenzione, o consapevolmente e con perseveranza, o involontariamente e con insistenza, è fissata su una certa immagine mentale, la realtà che vi sta intorno comincia a trasformarsi. Accadono cose strane. L’oggetto su cui concentrate la vostra attenzione comincia letteralmente a invadere il vostro mondo e a capitarvi sempre sotto gli occhi. Gli altri fenomeni del mondo, invece, non occupando più i vostri pensieri, finiscono per scomparire da qualche parte, senza lasciar traccia. Come può succedere una cosa del genere? La realtà non è forse una per tutti?
Non esattamente. È vero, la realtà è una sola, ma ognuno in questa realtà ha il suo strato singolo, separato da quello degli altri. Non è la realtà generale a cambiare, ma la configurazione dello strato del mondo di ognuno. Al vostro fianco un’altra persona può esistere in una realtà completamente diversa. È una cosa che può sembrare incredibile, ma è davvero così. Il mondo intero è molto eterogeneo e questa varietà basta per una moltitudine di possibili configurazioni per ogni singolo strato. Con i vostri pensieri vi costruite una versione unica e personalizzata del vostro mondo. Lì è incluso o escluso ciò che è rispettivamente presente o assente nei vostri pensieri.
Così, ad esempio, una donna che odia gli alcolisti, se li ritroverà sempre davanti nella sua realtà. Come sapete, ciò che vi dà fastidio è proprio ciò che possiede i vostri pensieri. Non solo, ma per soprammercato entra in gioco la polarizzazione creata dal potenziale superfluo. Succede così che i fattori irritanti vengono attratti dallo strato del mondo di una persona come la limatura di ferro viene attratta da una calamita.
Alla fine, se la donna del nostro esempio eccellerà nel suo odio nei confronti degli ubriaconi, questi ultimi finiranno col popolare totalmente lo strato del suo mondo, che si troverà invaso da una caterva di beoni appiccicosi, barcollanti o stesi a terra. Beoni saranno tutti i suoi uomini e beoni diventeranno i suoi figli.
Allo stesso modo, un uomo che nel profondo della sua anima è consapevole di essere lontano dalla perfezione e perciò cerca di convincere se stesso che tutte le donne sono delle puttane, o, nel migliore dei casi, delle stupide, incontrerà sempre donne di questo tipo. Le donne “di lega superiore” vivranno ben lontano dal suo strato, giacché egli stesso ha fatto la sua scelta e l’ha annunciata al mondo.
Vi sembra una storia fantastica? Niente affatto, questa è semplicemente la realtà speculare nella moltitudine infinita delle sue manifestazioni. Può darsi che lo scenario che ho disegnato sembri spaventoso per qualcuno… comunque sia, non vale la pena di preoccuparsi. Si tratta solo del lato esterno, visibile, dello specchio duale. La realtà che si nasconde al nostro sguardo è molto più spaventosa.

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