guardarci dentro



Perché abbiamo così tanta paura di guardarci dentro?
Perché è così difficile ammettere che la persona con cui più evitiamo il confronto siamo noi stessi?
Perché evitiamo il confronto con la – cosiddetta – nostra coscienza, e perché spesso i nostri esami di coscienza significano mentire a noi stessi?

Lo facciamo quando giustifichiamo azioni che sappiamo bene ingiustificabili, quando troviamo compromessi con noi stessi, quando non riusciamo ad affrontare i nostri sensi di colpa o le nostre paure, e reagiamo con rabbia.

Scrive il grande maestro indiano Sogyal Rinpoche: “Supponiamo di fare una conversione completa. Supponiamo di cessare di guardare sempre nella stessa direzione. Ci è stato insegnato a inseguire i nostri pensieri e le nostre proiezioni. Anche quando si parla di ‘mente’ ci si riferisce ai pensieri e alle emozioni, e i ricercatori, che studiano ciò che immaginano essere la mente, considerano sole le sue proiezioni. Nessuno guarda davvero nella mente, la base da cui nascono tutte queste espressioni. E ciò porta tragiche conseguenze.”


Come trasformare questa condizione?
È molto semplice. La nostra mente ha un’enorme capacità, che ognuno di noi può sfruttare in ogni momento: può permetterci di guardarci dentro.
Proviamo allora a guardarci dentro.

Scrive ancora Sogyal Rinpoche: “Questa piccola inversione di tendenza fa una differenza enorme, e potrebbe addirittura revocare i disastri che minacciano il mondo. Se più persone conoscessero la natura della mente, con cui vivono, lotterebbero con impegno e coraggio per preservarla.”

Perché non abbiamo il coraggio di guardarci dentro? Perché abbiamo paura.

Perché guardarci dentro significa avere il coraggio di affrontare noi stessi, nella nostra “nuda fragilità”, privi delle maschere che ogni giorno indossiamo, delle armature che vestiamo e che pensiamo ci proteggano. Guardarci dentro significa invece essere sinceri, fino in fondo. Non richiede altro, dunque, che un cambiamento radicale nel nostro atteggiamento verso la vita e verso noi stessi.

“Guardare dentro ci spaventa,” spiega Rinpoche, “perché la nostra cultura non ci offre indicazioni su ciò che troveremo. Potremmo addirittura pensare che c’è il rischio di impazzire. È l’ultima risorsa, e una delle tattiche più ingegnose dell’io, per impedirci di scoprire la nostra vera natura. In un mondo che ci è consegnato alla distrazione, il silenzio e l’immobilità ci atterriscono, e ce ne proteggiamo con il rumore e l’attività frenetica. Guardare nella natura della mente è l’ultima cosa che oseremmo fare.”
Forse però non vogliamo guardarci dentro.
Forse è più semplice lasciare le cose come stanno ed evitare il confronto con noi stessi.

Attaccarci alle sfavillanti illusioni dell’attimo, immaginarci il presente come eterno, forse ci dà sicurezza. È però una sicurezza illusoria, perché rimandare l’appuntamento con noi stessi non risolve il problema, ci si illude solo di dimenticarlo. Ma in realtà è solo rinviato.

E se volessimo scoprire veramente chi siamo? Se decidessimo che è inutile fuggire e scegliessimo di guardarci dentro e di scoprire la nostra vera natura? Allora saremmo veramente indipendenti, allora avremmo scoperto veramente la nostra libertà, allora avremmo capito veramente chi siamo e la nostra vita cambierebbe veramente da un giorno all’altro. Un raggio di sole entrerebbe finalmente a illuminarla.

Proviamo allora a guardarci dentro. È molto semplice: basta chiudere gli occhi

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