Tao-te-ching

"Lao Tzu visse novant’anni; e, di fatto, per novant’anni non fece altro che vivere. Visse in modo totale. Molte volte i suoi discepoli gli chiesero di scrivere qualcosa. Ma ogni volta egli rispondeva: ‘Il Tao di cui può venir detto qualcosa, non è il vero Tao. La verità che viene detta diviene immediatamente il falso’. Perciò non diceva nulla e non scriveva nulla.

E allora che cosa facevano i discepoli con lui? Semplicemente stavano con lui. Questo è satsang: "stare con il maestro". Vivevano con lui, si spostavano con lui; semplicemente assorbivano il suo essere. Standogli vicini cercavano di aprirsi a lui. Standogli vicini cercavano di non pensare a nulla. Standogli vicini divenivano più silenziosi. In quel silenzio egli li raggiungeva. In quel silenzio egli si avvicinava a loro, e bussava alle loro porte.

Così, per novant’anni, egli rifiutò di dire o scrivere alcunché. Il suo atteggiamento fondamentale era che la verità non può venir detta né insegnata: non appena ne dici qualcosa, non è già più vera; il fatto stesso di dirla la falsifica. Perciò la verità non si può insegnare: al massimo si può indicare, e l’indicazione può essere solo tutto quanto il tuo essere, tutta la tua vita. L’indicazione non può essere fornita per mezzo delle parole. Lao Tzu era contrario alle parole.

Si racconta che ogni mattina all’alba andasse a fare una passeggiata, e un vicino di casa andava con lui. Ben sapendo che a Lao Tzu non piaceva parlare, che era un uomo assolutamente silenzioso, il vicino non diceva mai nulla, non parlava del tempo, non lo salutava neppure. Lao Tzu camminava per miglia e miglia, e il vicino lo seguiva. Era stato così per anni. Ma un giorno accadde che il vicino avesse un ospite, e l’ospite desiderava partecipare alla passeggiata mattutina, e così il vicino lo portò con sé. Ma l’ospite non conosceva Lao Tzu e le sue abitudini; e, in compagnia di quei due uomini che non proferivano una parola, cominciò a sentirsi soffocare; non riusciva a capire il loro silenzio, quel silenzio gli pesava.

Se non sai stare in silenzio, il silenzio ti pesa. Non è parlando che comunichi. No, parlare ha un’altra funzione: parlando ti scarichi. Di fatto la comunicazione è impossibile per mezzo delle parole. L’opposto è possibile: è possibile evitare la comunicazione. Con le parole puoi crearti intorno uno schermo che impedisce agli altri di percepire la tua situazione reale. Ti vesti di parole. Quell’uomo cominciò a sentirsi nudo, goffo, a sentirsi soffocare. Era imbarazzato. Perciò, mentre il sole sorgeva dietro l’orizzonte, egli sbottò a dire: "Che bel Sole sta nascendo! Guardate!". Non disse altro. Ma nessuno rispose, perché il vicino di Lao Tzu sapeva che a Lao Tzu la conversazione non sarebbe stata gradita; e Lao Tzu, dal canto suo, naturalmente non rispose

Al ritorno Lao Tzu disse al vicino: "Da domani non portare con te quest’uomo. E’ un chiacchierone". E aveva solo detto "che bel sole". In una passeggiata di due o tre ore. Ma Lao Tzu disse: "Non portarti dietro questo chiacchierone. Parla inutilmente. Anch’io ho occhi per vedere che il Sole sta sorgendo e che è bello. Che bisogno c’è di dirlo?".

All’età di novant’anni si congedò dai suoi discepoli e s’incamminò verso l’Himalaya. I discepoli ne furono molto rattristati. Giunto al confine, il militare che montava la guardia, anch’egli un suo discepolo, si rifiutò di farlo passare, lo mise in prigione. E gli disse: "Se non scrivi un libro, non ti permetterò di passare il confine. Fallo per l’umanità: è un debito che devi pagare; se no, non ti permetterò di passare il confine". Per tre giorni Lao Tzu fu tenuto in prigione dal suo discepolo e qui compose il suo testo facendo nascere così questo piccolo, grande libricino, il Tao-te-ching". [nota]

In seguito partì e nessuno seppe dove terminò la sua esistenza. Come unica eredità lasciò quel testo destinato ad introdurre una scuola di pensiero che, insieme al confucianesimo, avrebbe influito sulla vita della Cina per oltre 2.000 anni.
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