21 marzo 1953 L'illuminazione di Osho
21 marzo 1953
L'illuminazione di Osho
Verso mezzanotte gli occhi si aprirono all’improvviso. Non li aprii io, il sonno fu rotto da qualcos’altro. Intorno a me, nella stanza, sentii una presenza imponente. La stanza era piccolissima. Sentii tutt’intorno a me una pulsazione di vita, una vibrazione assordante, simile a un uragano: una tempesta incredibile di luce, gioia ed estasi.
Ero sommerso: era tanto reale che ogni altra cosa divenne irreale. I muri della stanza divennero irreali, la casa divenne irreale, il mio stesso corpo divenne irreale. Ogni cosa era irreale perché ora, per la prima volta, la realtà era presente. …
Quella notte un’altra realtà aprì la sua porta, un’altra dimensione divenne disponibile. All’improvviso era presente, quella realtà «altra», una realtà separata: la realtà vera, o in qualsiasi modo tu voglia chiamarla. Chiamala Dio, verità, dhamma, Tao, o come meglio preferisci. Era senza nome. Ma era presente, così opaca, così trasparente, e tuttavia tanto evidente che chiunque avrebbe potuto toccarla. Nella stanza mi stava soffocando: era troppo intensa e io ero incapace di assorbirla.
Sorse in me il bisogno spasmodico di precipitarmi fuori da quella stanza, uscire sotto il cielo. Se fossi rimasto pochi minuti ancora, sarei soffocato. Così mi sembrava.
Corsi fuori, uscii all’aperto. Sentivo la necessità di essere semplicemente sotto il cielo, con le stelle, con gli alberi, con la terra, essere con la natura. E subito dopo essere uscito, il senso di soffocamento scomparve: il luogo era troppo piccolo per contenere un fenomeno simile. È più grande del cielo! Il cielo stesso non lo delimita: ma così mi sentivo più a mio agio.
Mi incamminai verso il giardino più vicino. Era una camminata totalmente diversa, come se la forza di gravità fosse scomparsa. Camminavo, o correvo, o semplicemente volavo; era difficile da decidere. La gravità era assente. Mi sentivo senza peso, come se una forza mi trasportasse: ero nelle mani di un’altra energia.
Per la prima volta non ero solo, per la prima volta non ero più un individuo, per la prima volta la goccia era caduta nell’oceano; ora l’intero oceano era mio, io ero l’oceano. Non c’erano più limiti. Un potere tremendo sorse dentro di me, come se io avessi potuto fare qualsiasi cosa, in qualunque situazione… io non ero presente, esisteva solo quel potere.
Raggiunsi il parco dove andavo ogni giorno. Era chiuso: era troppo tardi, era all’incirca l’una di notte. I giardinieri erano profondamente addormentati: dovetti entrare come un ladro, scalando il cancello. Ma qualcosa mi spingeva verso il parco. Non era in mio potere frenare me stesso. Semplicemente fluivo.
Quando entrai nel parco, ogni cosa divenne luminosa. Ovunque era benedizione, beatitudine. Per la prima volta potei vedere gli alberi… il loro verde, la loro vita, la loro linfa scorrere. L’intero giardino era addormentato, gli alberi erano addormentati, ma io potevo vedere il giardino vivo. Perfino le piccole foglie d’erba splendevano di luce.
Mi guardai intorno: un albero era terribilmente luminoso, il Maulshri. Mi attirò, mi trascinò verso di lui. Io non l’avevo scelto. Dio stesso lo aveva scelto. Andai verso l’albero; mi ci sedetti sotto: come mi sedetti là, tutte le cose iniziarono a sedersi con me, l’intero universo divenne una benedizione.
È difficile dire per quanto tempo rimasi in quello stato. Quando tornai a casa, erano le quattro del mattino, per cui, secondo l’orologio, ero rimasto là perlomeno tre ore: ma fu un’infinità. Non aveva nulla a che vedere con l’orologio, era senza tempo. Quelle tre ore divennero un’eternità, senza fine. Non c’era tempo, non esisteva lo scorrere del tempo. Era la realtà vergine, incorrotta, intatta, incommensurabile.
E quel giorno è successo qualcosa, che è continuato, non come ripetizione, ma come corrente sotterranea, come una cosa permanente. In ogni momento continua ad accadere di nuovo: ogni momento avviene il miracolo.
Quella notte, e da quella notte in poi, non sono più stato nel corpo. Mi muovo intorno a lui. Divenni terribilmente potente, e allo stesso tempo molto fragile, divenni molto forte, ma quella forza non è la forza di una roccia, è la forza di una rosa…
Osho
Una vertigine chiamata vita
http://divinetools-raja.blogspot.it La Via del Ritorno... a Casa
L'illuminazione di Osho
Verso mezzanotte gli occhi si aprirono all’improvviso. Non li aprii io, il sonno fu rotto da qualcos’altro. Intorno a me, nella stanza, sentii una presenza imponente. La stanza era piccolissima. Sentii tutt’intorno a me una pulsazione di vita, una vibrazione assordante, simile a un uragano: una tempesta incredibile di luce, gioia ed estasi.
Ero sommerso: era tanto reale che ogni altra cosa divenne irreale. I muri della stanza divennero irreali, la casa divenne irreale, il mio stesso corpo divenne irreale. Ogni cosa era irreale perché ora, per la prima volta, la realtà era presente. …
Quella notte un’altra realtà aprì la sua porta, un’altra dimensione divenne disponibile. All’improvviso era presente, quella realtà «altra», una realtà separata: la realtà vera, o in qualsiasi modo tu voglia chiamarla. Chiamala Dio, verità, dhamma, Tao, o come meglio preferisci. Era senza nome. Ma era presente, così opaca, così trasparente, e tuttavia tanto evidente che chiunque avrebbe potuto toccarla. Nella stanza mi stava soffocando: era troppo intensa e io ero incapace di assorbirla.
Sorse in me il bisogno spasmodico di precipitarmi fuori da quella stanza, uscire sotto il cielo. Se fossi rimasto pochi minuti ancora, sarei soffocato. Così mi sembrava.
Corsi fuori, uscii all’aperto. Sentivo la necessità di essere semplicemente sotto il cielo, con le stelle, con gli alberi, con la terra, essere con la natura. E subito dopo essere uscito, il senso di soffocamento scomparve: il luogo era troppo piccolo per contenere un fenomeno simile. È più grande del cielo! Il cielo stesso non lo delimita: ma così mi sentivo più a mio agio.
Mi incamminai verso il giardino più vicino. Era una camminata totalmente diversa, come se la forza di gravità fosse scomparsa. Camminavo, o correvo, o semplicemente volavo; era difficile da decidere. La gravità era assente. Mi sentivo senza peso, come se una forza mi trasportasse: ero nelle mani di un’altra energia.
Per la prima volta non ero solo, per la prima volta non ero più un individuo, per la prima volta la goccia era caduta nell’oceano; ora l’intero oceano era mio, io ero l’oceano. Non c’erano più limiti. Un potere tremendo sorse dentro di me, come se io avessi potuto fare qualsiasi cosa, in qualunque situazione… io non ero presente, esisteva solo quel potere.
Raggiunsi il parco dove andavo ogni giorno. Era chiuso: era troppo tardi, era all’incirca l’una di notte. I giardinieri erano profondamente addormentati: dovetti entrare come un ladro, scalando il cancello. Ma qualcosa mi spingeva verso il parco. Non era in mio potere frenare me stesso. Semplicemente fluivo.
Quando entrai nel parco, ogni cosa divenne luminosa. Ovunque era benedizione, beatitudine. Per la prima volta potei vedere gli alberi… il loro verde, la loro vita, la loro linfa scorrere. L’intero giardino era addormentato, gli alberi erano addormentati, ma io potevo vedere il giardino vivo. Perfino le piccole foglie d’erba splendevano di luce.
Mi guardai intorno: un albero era terribilmente luminoso, il Maulshri. Mi attirò, mi trascinò verso di lui. Io non l’avevo scelto. Dio stesso lo aveva scelto. Andai verso l’albero; mi ci sedetti sotto: come mi sedetti là, tutte le cose iniziarono a sedersi con me, l’intero universo divenne una benedizione.
È difficile dire per quanto tempo rimasi in quello stato. Quando tornai a casa, erano le quattro del mattino, per cui, secondo l’orologio, ero rimasto là perlomeno tre ore: ma fu un’infinità. Non aveva nulla a che vedere con l’orologio, era senza tempo. Quelle tre ore divennero un’eternità, senza fine. Non c’era tempo, non esisteva lo scorrere del tempo. Era la realtà vergine, incorrotta, intatta, incommensurabile.
E quel giorno è successo qualcosa, che è continuato, non come ripetizione, ma come corrente sotterranea, come una cosa permanente. In ogni momento continua ad accadere di nuovo: ogni momento avviene il miracolo.
Quella notte, e da quella notte in poi, non sono più stato nel corpo. Mi muovo intorno a lui. Divenni terribilmente potente, e allo stesso tempo molto fragile, divenni molto forte, ma quella forza non è la forza di una roccia, è la forza di una rosa…
Osho
Una vertigine chiamata vita
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