CONSAPEVOLEZZA DELL'UDITO
A sedere, nella solita postura.
Oggetto della nostra consapevolezza diventano i suoni, i rumori, le voci che arrivano al nostro udito.
Ciò che prima, in altri esercizi, avevamo magari confuso come una fonte di distrazione, come qualcosa di disturbante rispetto alla nostra pratica, diventa ora elemento da osservare con aperta attenzione.
Soffermiamoci su ogni segnale uditivo che arrivi alla nostra attenzione. Non basta accorgercene; non basta dire: ah, ecco, questo è il tic tac dell'orologio, questo è un motorino che passa per strada, questo è il rumore del mio respiro, ecc. In realtà non si tratta di riconoscere la fonte dei suoni, anzi i suoni dovrebbero essere vissuti - in questo esercizio - puramente come suoni, e nient'altro, senza voler a tutti i costi comprenderne l'origine. Se sento un rumore di cui non capisco il senso, non devo cominciare a rincorrere - attraverso tutta una serie di pensieri raziocinanti, di ragionamenti, di domande e tentativi di risposte - la sua origine. Non è questo l'esercizio. Se cadrò in questo atteggiamento, allora me ne dovrò accorgere con consapevolezza, e tornare quindi al mio esercizio.
Dunque è necessario entrare, penetrare il più possibile in ogni suono, cercando di coglierne la natura più intima. Stiamo in pura osservazione, in piena consapevolezza dei suoni che arrivano a noi.
Dopo poco le nostre orecchie entreranno in risonanza: vi sarà, in sottofondo, un sorta di suono del silenzio, cioè un leggero sibilo costante e sottostante a tutti gli altri suoni.
Uno dei principali problemi che si possono incontrare facendo questo esercizio di consapevolezza dell'udito è non capire quando passare da un suono all'altro. Facciamo un esempio. Mi soffermo sul tic tac dell'orologio. Ora: il tic tac non smette mai, ovviamente. E allora? Sto a osservarlo per tutto l'esercizio? Devo passare a un altro suono, per esempio qualcuno che sento parlare fuori dalla sala? Si potrebbe essere tentati di risolvere questo problema, rincorrendo nuovi suoni, sempre pronti a non farci sfuggire nulla, e saltando rapidamente da un suono all'altro, con atteggiamento quasi schizofrenico.
È ovvio però che la questione sia un'altra. Non sono io a decidere di essere consapevole di questo o quel rumore, di questo o quel suono. La consapevolezza deve essere una sorta di scatola vuota, in uno stato di semplice accoglienza. Non si tratta di cercare questo o quel nuovo suono, ma di ricevere ciò che, naturalmente, arriva alla nostra attenzione. Con questo approccio, il problema del tic tac dell'orologio si rivela privo di senso. Anche se mi capitasse - paradossalmente - di rimanere consapevole, per tutta la durata dell'esercizio, solo del suo rumore, non vi sarebbe nulla di male. Si tratta semplicemente di rimanere in questo stato di accoglienza. Arriva un suono: la mia consapevolezza è naturalmente portata a osservarlo? Allora l'osservo. Scompare? Ritorno in me. Un altro suono che mi chiama? Eccomi che ci entro dentro. Arriva contemporaneamente un nuovo suono? Se sono portato a lui, allora sposto la consapevolezza da quello precedente a quello nuovo. Altrimenti rimango nel mio suono.
È importante mantenere, come in tutti gli esercizi, un atteggiamento di puro osservatore, che non sentenzia nulla, ma che solamente ... osserva. L'osservazione dei suoni deve essere quindi solo osservazione dei suoni, senza innescare derive mentali quali possono essere prodotte dal giudizio sui suoni medesimi: mi piace, non mi piace, mi ricorda una certa situazione, ecc.
Anche l'osservazione dei suoni prodotti dalle voci dovrebbe trattare le voci medesime semplicemente nella loro sonorità e non nel significato delle parole che da esse derivano. Qualcosa di non automatico, di non facile subito, ma su cui è necessario lavorare.
Durante questo esercizio ci si accorgerà che anche quei suoni che solitamente riteniamo sgraziati, volgari o inutili, diventano, sotto la lente di ingrandimento di una consapevolezza penetrante, qualcosa di misterioso e di bello. Rivelano un loro fondo prezioso, potente, splendido, a noi prima del tutto occulto. La natura del suono!
Ben presto ci si accorgerà che, in realtà, non solo i suoni si succedono semplicemente l'un l'altro, ma si accavallano. In realtà siamo in un universo acustico multi-stratificato. L'esercizio quindi inizia e continua, per un certo tempo, con la consapevolezza che passa da un suono all'altro. Ma poi, piano piano, la consapevolezza riuscirà ad accogliere, contemporaneamente, i diversi suoni che fanno parte del nostro ambiente acustico. Non sarà più una consapevolezza selettiva (un suono o l'altro), ma veramente uno spazio vuoto che riceve ciò che è, a livello acustico.
fonte
http://www.lameditazionecomevia.it/cons_udito.htm
Oggetto della nostra consapevolezza diventano i suoni, i rumori, le voci che arrivano al nostro udito.
Ciò che prima, in altri esercizi, avevamo magari confuso come una fonte di distrazione, come qualcosa di disturbante rispetto alla nostra pratica, diventa ora elemento da osservare con aperta attenzione.
Soffermiamoci su ogni segnale uditivo che arrivi alla nostra attenzione. Non basta accorgercene; non basta dire: ah, ecco, questo è il tic tac dell'orologio, questo è un motorino che passa per strada, questo è il rumore del mio respiro, ecc. In realtà non si tratta di riconoscere la fonte dei suoni, anzi i suoni dovrebbero essere vissuti - in questo esercizio - puramente come suoni, e nient'altro, senza voler a tutti i costi comprenderne l'origine. Se sento un rumore di cui non capisco il senso, non devo cominciare a rincorrere - attraverso tutta una serie di pensieri raziocinanti, di ragionamenti, di domande e tentativi di risposte - la sua origine. Non è questo l'esercizio. Se cadrò in questo atteggiamento, allora me ne dovrò accorgere con consapevolezza, e tornare quindi al mio esercizio.
Dunque è necessario entrare, penetrare il più possibile in ogni suono, cercando di coglierne la natura più intima. Stiamo in pura osservazione, in piena consapevolezza dei suoni che arrivano a noi.
Dopo poco le nostre orecchie entreranno in risonanza: vi sarà, in sottofondo, un sorta di suono del silenzio, cioè un leggero sibilo costante e sottostante a tutti gli altri suoni.
Uno dei principali problemi che si possono incontrare facendo questo esercizio di consapevolezza dell'udito è non capire quando passare da un suono all'altro. Facciamo un esempio. Mi soffermo sul tic tac dell'orologio. Ora: il tic tac non smette mai, ovviamente. E allora? Sto a osservarlo per tutto l'esercizio? Devo passare a un altro suono, per esempio qualcuno che sento parlare fuori dalla sala? Si potrebbe essere tentati di risolvere questo problema, rincorrendo nuovi suoni, sempre pronti a non farci sfuggire nulla, e saltando rapidamente da un suono all'altro, con atteggiamento quasi schizofrenico.
È ovvio però che la questione sia un'altra. Non sono io a decidere di essere consapevole di questo o quel rumore, di questo o quel suono. La consapevolezza deve essere una sorta di scatola vuota, in uno stato di semplice accoglienza. Non si tratta di cercare questo o quel nuovo suono, ma di ricevere ciò che, naturalmente, arriva alla nostra attenzione. Con questo approccio, il problema del tic tac dell'orologio si rivela privo di senso. Anche se mi capitasse - paradossalmente - di rimanere consapevole, per tutta la durata dell'esercizio, solo del suo rumore, non vi sarebbe nulla di male. Si tratta semplicemente di rimanere in questo stato di accoglienza. Arriva un suono: la mia consapevolezza è naturalmente portata a osservarlo? Allora l'osservo. Scompare? Ritorno in me. Un altro suono che mi chiama? Eccomi che ci entro dentro. Arriva contemporaneamente un nuovo suono? Se sono portato a lui, allora sposto la consapevolezza da quello precedente a quello nuovo. Altrimenti rimango nel mio suono.
È importante mantenere, come in tutti gli esercizi, un atteggiamento di puro osservatore, che non sentenzia nulla, ma che solamente ... osserva. L'osservazione dei suoni deve essere quindi solo osservazione dei suoni, senza innescare derive mentali quali possono essere prodotte dal giudizio sui suoni medesimi: mi piace, non mi piace, mi ricorda una certa situazione, ecc.
Anche l'osservazione dei suoni prodotti dalle voci dovrebbe trattare le voci medesime semplicemente nella loro sonorità e non nel significato delle parole che da esse derivano. Qualcosa di non automatico, di non facile subito, ma su cui è necessario lavorare.
Durante questo esercizio ci si accorgerà che anche quei suoni che solitamente riteniamo sgraziati, volgari o inutili, diventano, sotto la lente di ingrandimento di una consapevolezza penetrante, qualcosa di misterioso e di bello. Rivelano un loro fondo prezioso, potente, splendido, a noi prima del tutto occulto. La natura del suono!
Ben presto ci si accorgerà che, in realtà, non solo i suoni si succedono semplicemente l'un l'altro, ma si accavallano. In realtà siamo in un universo acustico multi-stratificato. L'esercizio quindi inizia e continua, per un certo tempo, con la consapevolezza che passa da un suono all'altro. Ma poi, piano piano, la consapevolezza riuscirà ad accogliere, contemporaneamente, i diversi suoni che fanno parte del nostro ambiente acustico. Non sarà più una consapevolezza selettiva (un suono o l'altro), ma veramente uno spazio vuoto che riceve ciò che è, a livello acustico.
fonte
http://www.lameditazionecomevia.it/cons_udito.htm
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