Evadere dal carcere in 10 passi – 9: Karma e perdono
Premetto che non farò riferimento a ciò che ho letto su libri che hanno scritto altri – né moderni, né appartenenti alla cosiddetta tradizione – in quanto determinate nozioni ho potuto apprenderle attraverso l’esperienza diretta di progressiva identificazione con la mia anima. A chi si stupisce voglio ricordare che tutti ci siamo reincarnati più e più volte, e ancora lo faremo, per cui sapere come funzionano determinati processi è solo una questione di memoria più o meno salda che permane tra una vita e quella successiva. Tale memoria dipende dalla cristallizzazione (=fabbricazione alchemica) del »corpo di gloria«, anche detto »corpo causale«, ossia il corpo dell’anima.
Possono nascere dubbi sulla reincarnazione solo in chi ancora non ha cristallizzato un »corpo causale« e quindi non si è sufficientemente identificato con la sua anima. Il “sentirsi anima” consente infatti di percepirsi in quanto esseri immortali che attraversano differenti incarnazioni lungo migliaia di anni. La questione della reincarnazione non ha nulla da spartire con dimostrazioni logiche o scientifiche o con la trasmissione di insegnamenti tradizionali; consiste invece in una semplice verità che a un certo punto si manifesta come evidente e indubitabile in chi ha lavorato su di sé abbastanza a lungo.
L’anima esiste in ognuno di noi, ma di norma essa esiste solo in embrione. Attraverso il lavoro su di sé letteralmente si “fabbrica” l’anima (si cristallizza) e allo stesso tempo la nostra coscienza si disidentifica dalla mente per identificarsi progressivamente con l’anima,man mano che essa viene costruita attraverso la presenza nel qui-e-ora e l’apertura del Cuore. Di norma le persone credono che sia la loro attuale mente a reincarnarsi, invece è l’anima, l’essenza, a reincarnarsi in apparati psicofisici sempre differenti.
All’inizio del cammino evolutivo, nel corso delle prime incarnazioni, l’anima non si cristallizza in maniera volontaria, ma semplicemente come effetto delle situazioni difficili che è costretta a superare di vita in vita. L’anima viene cioè fabbricata “per attrito”, grazie alle difficoltà e alle sofferenze.
Il karma si origina in quanto gli effetti di ciò che un’anima ha vissuto all’interno di un’incarnazione si trasferiscono a quella successiva. Detto in altro modo: la qualità delle nostre reazioni agli eventi della vita creano un bagaglio positivo o negativo che portiamo con noi anche dopo la morte. Questo significa che “qualcosa” di immortale si è già costruito e sopravvive alla morte del corpo fisico. Per cui, un individuo può star certo che a ogni incarnazione riprende il lavoro esattamente da dove lo aveva interrotto al termine della vita precedente. L’anima non muore mai e le incarnazioni si sviluppano secondo un continuum molto simile all’alternarsi dei giorni nella nostra vita quotidiana (giorno, notte e poi un nuovo giorno).
Un uomo più evoluto decide invece di lavorare su di sé volontariamente al fine di cristallizzare in maniera definitiva il suo »corpo causale« e chiudere ogni sospeso karmico derivante dalle azioni delle vite precedenti. Non si affida, cioè, all’evoluzione naturale, ma decide di accelerare i tempi.
Jung giovane e vecchio. Daimon al centro
Come si lavora in tal senso?
Gesù dice in maniera chiara: «In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte». Gv 8,51
La parola di Gesù indica sempre l’apertura del Cuore. In teoria non è nulla di complicato, perché non concerne l’applicazione di alcuna tecnica occulta; infatti è sufficiente... perdonare i propri nemici. Il perdono rivolto a qualcuno che ci sta facendo qualcosa di male fa sì che venga bruciato il karma che ci tiene legati a quella persona o a quel luogo. Non importa che non sappiamo quali trascorsi karmici ci hanno condotto a incontrare questa persona in questa situazione, perché il perdono va offerto a priori. Il perdono è il balsamo che guarisce e libera dalle catene del karma.
Nella pratica, come avrete intuito, non è così semplice come nella teoria. Perdonare è faticoso, in alcune occasioni quasi impossibile. Il punto è che l’attrito interno che si crea nell’atto del perdono letteralmente fabbrica il »corpo causale«. Questo ci consente di liberarci sia sul piano fisico che su quello astrale prima ancora di passare “dall’altra parte” al termine dell’incarnazione. Il perdono non è un atto morale, bensì un processo alchemico che ci libera definitivamente delle sbarre della psico-prigione.
Afferma San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi: «Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5, 17)
La parte mortale di noi vuole reagire, colpire, vendicarsi... mentre la parte immortale non si sente nemmeno offesa. La nostra coscienza sta nel mezzo: talvolta pende da una parte, talvolta dall’altra. In ogni caso, ogni minuto che riusciamo a frapporre fra l’offesa e la nostra reazione è un mattoncino che va a costruire il palazzo dell’anima.
Possono nascere dubbi sulla reincarnazione solo in chi ancora non ha cristallizzato un »corpo causale« e quindi non si è sufficientemente identificato con la sua anima. Il “sentirsi anima” consente infatti di percepirsi in quanto esseri immortali che attraversano differenti incarnazioni lungo migliaia di anni. La questione della reincarnazione non ha nulla da spartire con dimostrazioni logiche o scientifiche o con la trasmissione di insegnamenti tradizionali; consiste invece in una semplice verità che a un certo punto si manifesta come evidente e indubitabile in chi ha lavorato su di sé abbastanza a lungo.
L’anima esiste in ognuno di noi, ma di norma essa esiste solo in embrione. Attraverso il lavoro su di sé letteralmente si “fabbrica” l’anima (si cristallizza) e allo stesso tempo la nostra coscienza si disidentifica dalla mente per identificarsi progressivamente con l’anima,man mano che essa viene costruita attraverso la presenza nel qui-e-ora e l’apertura del Cuore. Di norma le persone credono che sia la loro attuale mente a reincarnarsi, invece è l’anima, l’essenza, a reincarnarsi in apparati psicofisici sempre differenti.
All’inizio del cammino evolutivo, nel corso delle prime incarnazioni, l’anima non si cristallizza in maniera volontaria, ma semplicemente come effetto delle situazioni difficili che è costretta a superare di vita in vita. L’anima viene cioè fabbricata “per attrito”, grazie alle difficoltà e alle sofferenze.
Il karma si origina in quanto gli effetti di ciò che un’anima ha vissuto all’interno di un’incarnazione si trasferiscono a quella successiva. Detto in altro modo: la qualità delle nostre reazioni agli eventi della vita creano un bagaglio positivo o negativo che portiamo con noi anche dopo la morte. Questo significa che “qualcosa” di immortale si è già costruito e sopravvive alla morte del corpo fisico. Per cui, un individuo può star certo che a ogni incarnazione riprende il lavoro esattamente da dove lo aveva interrotto al termine della vita precedente. L’anima non muore mai e le incarnazioni si sviluppano secondo un continuum molto simile all’alternarsi dei giorni nella nostra vita quotidiana (giorno, notte e poi un nuovo giorno).
Un uomo più evoluto decide invece di lavorare su di sé volontariamente al fine di cristallizzare in maniera definitiva il suo »corpo causale« e chiudere ogni sospeso karmico derivante dalle azioni delle vite precedenti. Non si affida, cioè, all’evoluzione naturale, ma decide di accelerare i tempi.
Jung giovane e vecchio. Daimon al centro
Come si lavora in tal senso?
Gesù dice in maniera chiara: «In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte». Gv 8,51
La parola di Gesù indica sempre l’apertura del Cuore. In teoria non è nulla di complicato, perché non concerne l’applicazione di alcuna tecnica occulta; infatti è sufficiente... perdonare i propri nemici. Il perdono rivolto a qualcuno che ci sta facendo qualcosa di male fa sì che venga bruciato il karma che ci tiene legati a quella persona o a quel luogo. Non importa che non sappiamo quali trascorsi karmici ci hanno condotto a incontrare questa persona in questa situazione, perché il perdono va offerto a priori. Il perdono è il balsamo che guarisce e libera dalle catene del karma.
Nella pratica, come avrete intuito, non è così semplice come nella teoria. Perdonare è faticoso, in alcune occasioni quasi impossibile. Il punto è che l’attrito interno che si crea nell’atto del perdono letteralmente fabbrica il »corpo causale«. Questo ci consente di liberarci sia sul piano fisico che su quello astrale prima ancora di passare “dall’altra parte” al termine dell’incarnazione. Il perdono non è un atto morale, bensì un processo alchemico che ci libera definitivamente delle sbarre della psico-prigione.
Afferma San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi: «Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5, 17)
La parte mortale di noi vuole reagire, colpire, vendicarsi... mentre la parte immortale non si sente nemmeno offesa. La nostra coscienza sta nel mezzo: talvolta pende da una parte, talvolta dall’altra. In ogni caso, ogni minuto che riusciamo a frapporre fra l’offesa e la nostra reazione è un mattoncino che va a costruire il palazzo dell’anima.
Salvatore Brizzi
http://divinetools-raja.blogspot.it La Via del Ritorno... a Casa
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