Davanti allo specchio
Senza mai chiudere gli occhi, siedo davanti allo specchio illuminato da una candela, il mio volto riflesso che ondeggia, mutevole, rivelando facce, parvenze. E d’un tratto lo specchio è vuoto! Il volto che stavo osservando è sparito. Sto fissando il vuoto! Tengo gli occhi aperti per pura forza di volontà. Il corpo comincia a tremare, il cuore mi batte all’impazzata, il sudore mi scende dalla fronte mescolandosi alle lacrime prodotte dai miei occhi doloranti. Ma in un angolo imprecisato dentro di me si risveglia un ricordo: Osho che descrive questa tecnica, il tratak, e parla dello specchio che alla fine diventa vuoto. Esorta, una volta arrivati a questo punto, a non distogliere lo sguardo, a perseverare. E dice che sarebbero affiorati volti appartenenti a vite passate.
E succede in un istante. Nello specchio riappare un volto. Non è il mio, eppure sono io. I tratti del viso sono differenti – la forma degli occhi, il taglio della mascella – ma contengono anche un’inequivocabile qualità di me. Poi sparisce, solo per lasciare il posto al successivo. E prende il via il turbine. Appare un volto, riempiendo lo specchio per un istante, poi scolora, dissolvendosi in un altro. Sopracciglia che si assottigliano e si inarcano, poi si infoltiscono, pesanti sulla fronte. Attaccature dei capelli ora basse, ora alte. Barbe che si accorciano, poi si allungano. Occhi ora spalancati, ora ridotti a piccolissime fessure. Infine resta solo un volto, costante, a osservarmi dallo specchio. Un viso ovale, più vecchio del mio, dagli zigomi alti e la fronte liscia e piatta. La barba incolta e brizzolata che nasconde la bocca; gli occhi di un marrone orientale, liquido e profondo. Tibetano. Per qualche ragione il viso sembra tibetano. Immobili, riflettiamo l’uno il viso dell’altro, i nostri sguardi incollati.
Poi, ancora una volta, per una minima frazione di secondo, lo specchio torna a essere vuoto. E un attimo dopo guardo dritto negli occhi di un lupo che ringhia! I miei occhi si chiudono bruscamente. E rimango seduto lì, nella mia oscurità interiore, tremante.
1974 Lonavla
https://www.oshoba.it/index.php?id=articoli_view_x&xna=141
http://divinetools-raja.blogspot.it La Via del Ritorno... a Casa
E succede in un istante. Nello specchio riappare un volto. Non è il mio, eppure sono io. I tratti del viso sono differenti – la forma degli occhi, il taglio della mascella – ma contengono anche un’inequivocabile qualità di me. Poi sparisce, solo per lasciare il posto al successivo. E prende il via il turbine. Appare un volto, riempiendo lo specchio per un istante, poi scolora, dissolvendosi in un altro. Sopracciglia che si assottigliano e si inarcano, poi si infoltiscono, pesanti sulla fronte. Attaccature dei capelli ora basse, ora alte. Barbe che si accorciano, poi si allungano. Occhi ora spalancati, ora ridotti a piccolissime fessure. Infine resta solo un volto, costante, a osservarmi dallo specchio. Un viso ovale, più vecchio del mio, dagli zigomi alti e la fronte liscia e piatta. La barba incolta e brizzolata che nasconde la bocca; gli occhi di un marrone orientale, liquido e profondo. Tibetano. Per qualche ragione il viso sembra tibetano. Immobili, riflettiamo l’uno il viso dell’altro, i nostri sguardi incollati.
Poi, ancora una volta, per una minima frazione di secondo, lo specchio torna a essere vuoto. E un attimo dopo guardo dritto negli occhi di un lupo che ringhia! I miei occhi si chiudono bruscamente. E rimango seduto lì, nella mia oscurità interiore, tremante.
1974 Lonavla
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