Ombelico, cuore, e testa
Ombelico, cuore, e testa - Osho
Quando l’uomo nasce, è radicato in un punto particolare, in un particolare chakra, o centro, che è l’ombelico. I giapponesi lo chiamano hara da cui termine hara-kiri.
Harakiri significa suicidio. Letteralmente l’espressione significa uccidere lo hara, la spina dorsale, il centro. Hara è il centro: il significato di harakiri è distruggere il centro. Ma in un certo senso tutti noi abbiamo compiuto harakiri. Non abbiamo ucciso il centro, ma l’abbiamo dimenticato. Oppure non ce ne siamo mai ricordati. E’ lì che aspetta, e noi siamo andati alla deriva sempre più lontani da esso. Quando nasce un bambino, è radicato nell’ombelico, nello hara, vive attraverso lo hara. Osserva un bambino quando respira: il suo ombelico va su e giù. Respira con il ventre, vive con il ventre, non con la testa, non con il cuore. Ma a poco a poco dovrà andarsene lontano, alla deriva. Dapprima svilupperà un altro centro, cioè il cuore, il centro dell’emozione. Imparerà l’amore, sarà amato, e un altro centro si svilupperà. Questo centro non è il vero centro, è un surrogato.
Ecco perché gli psicologi dicono che se un bambino non è amato non sarà mai capace d’amare. Se un bambino cresce in un ambiente anaffettivo – un ambiente freddo, senza nessuno che lo ami e gli dia calore – nella vita non sarà capace di amare nessuno perché il centro stesso non si svilupperà. L’amore della madre, l’amore del padre, la famiglia, la società: questo aiuta un centro a svilupparsi. Questo centro è un surrogato: non ce l’hai dalla nascita. Perciò, se non è aiutato a crescere, non crescerà. A moltissime persone manca il centro dell’amore. Continuano a parlare di amore e continuano a credere di amare, ma manca loro il centro, perciò come possono amare? E’ difficile avere una madre che ami, ed è molto difficile e raro avere un padre che ami. Ogni padre, ogni madre pensa di amare. Non è così facile. L’amore è una crescita difficile, molto difficile. Ma se per il bambino l’amore non c’è fin dall’inizio, egli stesso non sarà mai capace d’amare. Questa è la ragione per la quale l’umanità intera vive senza amore. Continuate a produrre bambini, ma non sapete come dare loro un centro d’amore. Anzi, al contrario, più la società diventa civilizzata e più impone un terzo centro, che è l’intelletto, l’ombelico è il centro originario: un bambino ce l’ha dalla nascita, non è un surrogato. Senza di esso la vita è impossibile, per questo ci viene dato. Il secondo centro è un surrogato. Se riceve amore, il bambino risponde. Rispondendo, cresce in lui un centro: questo è il centro del cuore. Il terzo centro è la ragione, l’intelletto, la testa. L’educazione, la logica e l’esercizio creano un terzo centro: anche questo è un surrogato. Ma noi viviamo nel terzo centro. Il secondo è quasi assente o, anche se è presente, non funziona o, anche se talvolta funziona, funziona irregolarmente. Ma il terzo centro, la testa, diventa la forza fondamentale nella vita perché l’intera vita ne dipende. E’ utilitaristico. Ne hai bisogno per la ragione, la logica, il pensiero.
Perciò, presto o tardi, ognuno diventa orientato nella testa: comincia a vivere nella testa.
La testa, il cuore, l’ombelico: questi sono i tre centri. L’ombelico è il centro che ci viene dato, quello originario. Il cuore può venire sviluppato, ed è bene farlo per molte ragioni. E’ necessario sviluppare anche la ragione, ma non a spese del cuore, perché allora ti verrà a mancare il collegamento e non potrai ritornare all’ombelico. Lo sviluppo va dalla ragione all’esistenza, all’essere: cerchiamo di capirlo in questo modo. Il centro dell’ombelico è nell’essere, il centro del cuore è nel sentire, il centro della testa è nel conoscere.
Conoscere è il più remoto dall’essere, il sentire è il più vicino. Se ti manca il centro del sentire è molto difficile creare un ponte tra la ragione e l’essere, veramente molto difficile.
Ecco perché una persona che ama può diventare consapevole del suo “essere a casa” nel mondo più facilmente che non una persona che vive attraverso l’intelletto. La cultura occidentale ha fondamentalmente posto l’accento sul centro della testa. Ecco perché in Occidente si sente per l’uomo un’ansia profonda. E l’ansia profonda è per il suo essere senza casa, vuoto, sradicato. Simone Weil scrisse un libro intitolato La prima radice.
L’uomo occidentale si sente sradicato, come se non avesse radici. La ragione è che solo la testa è diventata il centro. Il cuore non è stato esercitato, manca. Il battito del cuore non è il tuo cuore, è solo una funzione fisiologica. Perciò, se ne senti il battito, non cadere nell’errore di pensare che hai un cuore. Il cuore è qualcos’altro. Cuore significa la capacità di sentire, testa significa la capacità di conoscere. Cuore significa la capacità di sentire, ed essere significa la capacità di essere uno, uno con qualcosa... La religione riguarda l’essere, la poesia riguarda il cuore, la filosofia e la scienza riguardano la testa. Questi due centri, il cuore e la testa, sono centri periferici, non sono reali solo falsi centri. Il centro reale è l’ombelico, lo hara. Come raggiungerlo nuovamente? Oppure, come realizzarlo? In genere capita che talvolta – raramente, accidentalmente, può capitare - ti avvicini allo hara. Quell’istante diverrà un istante molto profondo, beato. Per esempio, talvolta nel sesso ti avvicini allo hara, perché nel sesso la tua mente, la tua consapevolezza si trasferisce di nuovo verso il basso. Devi lasciare la tua testa e cader giù, In un orgasmo sessuale profondo talvolta accade che ti trovi vicino al tuo hara. Ecco perché il sesso esercita un tale fascino. In realtà non è il sesso che ti dà l’esperienza della beatitudine, è lo hara. Cadendo giù verso il sesso passi attraverso lo hara, lo tocchi. Ma per l’uomo moderno persino questo è diventato impossibile, perché persino il sesso è diventato un affare cerebrale, un affare mentale. Persino il sesso è finito nella testa, è qualcosa a cui pensare. Ecco perché ci sono così tanti film, così tanti romanzi, così tanta letteratura, di pornografia e di cose simili. L’uomo pensa al sesso, ma questa è un’assurdità. Il sesso è un’esperienza, non puoi pensarci. Se cominci a pensarci sopra sarà sempre più difficile farne esperienza, perché non riguarda affatto la testa. La ragione non ti serve. E quanto più l’uomo moderno si sente incapace di penetrare in profondità nel sesso, tanto più ci pensa su. Diventa un circolo vizioso. E quanto più ci pensa su, tanto più diventa cerebrale.
Allora persino il sesso diventa futile. In Occidente è diventato futile, una cosa ripetitiva, noiosa. Non se ne ricava nulla, continui solo a ripetere una vecchia abitudine. E alla fine ti senti frustrato, come se fossi stato imbrogliato. Perché? Perché in realtà la consapevolezza non cade giù, non ritorna al centro. Solo passando attraverso lo hara senti la beatitudine.
Perciò qualunque ne sia la causa, tutte le volte in cui passi per lo hara senti beatitudine.
Un guerriero sul campo di battaglia, mentre sta combattendo, a volte passa attraverso lo hara, ma non i guerrieri moderni, perché non sono affatto guerrieri. Una persona che lancia una bomba su una città, dorme. Non è un guerriero, non è un combattente, non è uno kshatriya, non è Arjuna che combatte. Quando una persona è sul punto di morire, qualche volta viene rigettato nello hara. Per un guerriero che combatte con la sua spada, la morte diventa possibile in ogni istante. A ogni istante potrebbe non esistere più. E combattendo con una spada non si può pensare: se pensi non esisterai più, devi agire senza pensare perché il pensiero richiede tempo. Se combatti con una spada non puoi pensare. Se pensi vincerà l’avversario, tu non esisterai più. Non c’è tempo per pensare, e la mente ha bisogno di tempo. Siccome non c’è tempo per pensare e pensare significa morte certa, la consapevolezza cade giù dalla testa: va allo hara. E un guerriero sperimenta la beatitudine. Ecco perché la guerra esercita un tale fascino. Il sesso e la guerra sono due cose che esercitano un fascino perché in essi si passa attraverso lo hara.
Ci passi attraverso in ogni pericolo. Netzsche dice: “Vivi pericolosamente”. Perché?
Perché nel pericolo vieni rigettato nello hara. Non puoi pensare, non puoi elaborare cose con la mente. Devi agire immediatamente. Passa un serpente: all’improvviso lo vedi e c’è un salto. Non puoi formulare un pensiero ponderato sul fatto che “c’è un serpente”. Non c’è alcun sillogismo; non argomenti mentalmente: “Ora c’è un serpente e i serpenti sono pericolosi, perciò devo fare un salto”. Non fai alcun ragionamento logico come questo. Se ragioni in questo modo, non saresti più vivo. Non puoi ragionare. Devi agire spontaneamente, immediatamente. Prima viene l’atto e poi viene il pensiero. Prima salti e poi pensi. Nella vita comune, quando non c’è pericolo, prima pensi e poi agisci. Nel pericolo, l’intero processo viene invertito: prima agisci e poi pensi. Quell’azione che viene prima senza pensare ti getta nel tuo centro originario – lo hara. Ecco perché il pericolo esercita un fascino. Stai guidando una macchina sempre più velocemente, e all’improvviso viene un momento a partire dal quale ogni attimo diventa pericoloso. La vita può cessare a ogni istante. In questo momento di suspense in cui la vita e la morte sono quanto più vicine possibili l’una all’altra e tu sei tra l’una e l’altra, la mente si ferma: vieni gettato nello hara. Da ciò il grande fascino esercitato dalle automobili, dalla guida – dalla guidare veloce, folle. Oppure stai giocando d’azzardo e hai puntato tutto ciò che hai: la mente si ferma, c’è pericolo. Tra un istante potresti ritrovarti mendicante. La mente non può funzionare; sei gettato nello hara. I pericoli attraggono perché nel pericolo la tua coscienza ordinaria e quotidiana non può funzionare. Il pericolo penetra profondamente. La tua mente non è più necessaria; diventi una nonmente. Tu sei! Sei consapevole, ma senza che vi sia alcun pensiero. Quel momento diventa meditativo. In realtà, nel gioco d’azzardo i giocatori cercano uno stato mentale meditativo. Nel pericolo, nella lotta, nel duello, nelle guerre l’uomo ha sempre cercato stati meditativi. Una beatitudine irrompe all’improvviso, esplode in te, diventa una pioggia interiore. Ma questi sono avvenimenti improvvisi e accidentali. Una cosa sola è certa: tutte le volte in cui ti senti beato sei vicino allo hara.
Questo è certo, non importa quale ne sia la causa. La causa è irrilevante. Tutte le volte in cui passi vicino al centro originario vieni colmato di beatitudine. Questi sutra riguardano la creazione di un radicamento nello hara, nel centro, scientificamente, in modo intenzionale e studiato, non in modo accidentale, momentaneo, bensì permanente. Puoi rimanere sempre nello hara, quello può diventare il tuo radicamento.
Osho, Il libro dei segreti
http://divinetools-raja.blogspot.it La Via del Ritorno... a Casa
Quando l’uomo nasce, è radicato in un punto particolare, in un particolare chakra, o centro, che è l’ombelico. I giapponesi lo chiamano hara da cui termine hara-kiri.
Harakiri significa suicidio. Letteralmente l’espressione significa uccidere lo hara, la spina dorsale, il centro. Hara è il centro: il significato di harakiri è distruggere il centro. Ma in un certo senso tutti noi abbiamo compiuto harakiri. Non abbiamo ucciso il centro, ma l’abbiamo dimenticato. Oppure non ce ne siamo mai ricordati. E’ lì che aspetta, e noi siamo andati alla deriva sempre più lontani da esso. Quando nasce un bambino, è radicato nell’ombelico, nello hara, vive attraverso lo hara. Osserva un bambino quando respira: il suo ombelico va su e giù. Respira con il ventre, vive con il ventre, non con la testa, non con il cuore. Ma a poco a poco dovrà andarsene lontano, alla deriva. Dapprima svilupperà un altro centro, cioè il cuore, il centro dell’emozione. Imparerà l’amore, sarà amato, e un altro centro si svilupperà. Questo centro non è il vero centro, è un surrogato.
Ecco perché gli psicologi dicono che se un bambino non è amato non sarà mai capace d’amare. Se un bambino cresce in un ambiente anaffettivo – un ambiente freddo, senza nessuno che lo ami e gli dia calore – nella vita non sarà capace di amare nessuno perché il centro stesso non si svilupperà. L’amore della madre, l’amore del padre, la famiglia, la società: questo aiuta un centro a svilupparsi. Questo centro è un surrogato: non ce l’hai dalla nascita. Perciò, se non è aiutato a crescere, non crescerà. A moltissime persone manca il centro dell’amore. Continuano a parlare di amore e continuano a credere di amare, ma manca loro il centro, perciò come possono amare? E’ difficile avere una madre che ami, ed è molto difficile e raro avere un padre che ami. Ogni padre, ogni madre pensa di amare. Non è così facile. L’amore è una crescita difficile, molto difficile. Ma se per il bambino l’amore non c’è fin dall’inizio, egli stesso non sarà mai capace d’amare. Questa è la ragione per la quale l’umanità intera vive senza amore. Continuate a produrre bambini, ma non sapete come dare loro un centro d’amore. Anzi, al contrario, più la società diventa civilizzata e più impone un terzo centro, che è l’intelletto, l’ombelico è il centro originario: un bambino ce l’ha dalla nascita, non è un surrogato. Senza di esso la vita è impossibile, per questo ci viene dato. Il secondo centro è un surrogato. Se riceve amore, il bambino risponde. Rispondendo, cresce in lui un centro: questo è il centro del cuore. Il terzo centro è la ragione, l’intelletto, la testa. L’educazione, la logica e l’esercizio creano un terzo centro: anche questo è un surrogato. Ma noi viviamo nel terzo centro. Il secondo è quasi assente o, anche se è presente, non funziona o, anche se talvolta funziona, funziona irregolarmente. Ma il terzo centro, la testa, diventa la forza fondamentale nella vita perché l’intera vita ne dipende. E’ utilitaristico. Ne hai bisogno per la ragione, la logica, il pensiero.
Perciò, presto o tardi, ognuno diventa orientato nella testa: comincia a vivere nella testa.
La testa, il cuore, l’ombelico: questi sono i tre centri. L’ombelico è il centro che ci viene dato, quello originario. Il cuore può venire sviluppato, ed è bene farlo per molte ragioni. E’ necessario sviluppare anche la ragione, ma non a spese del cuore, perché allora ti verrà a mancare il collegamento e non potrai ritornare all’ombelico. Lo sviluppo va dalla ragione all’esistenza, all’essere: cerchiamo di capirlo in questo modo. Il centro dell’ombelico è nell’essere, il centro del cuore è nel sentire, il centro della testa è nel conoscere.
Conoscere è il più remoto dall’essere, il sentire è il più vicino. Se ti manca il centro del sentire è molto difficile creare un ponte tra la ragione e l’essere, veramente molto difficile.
Ecco perché una persona che ama può diventare consapevole del suo “essere a casa” nel mondo più facilmente che non una persona che vive attraverso l’intelletto. La cultura occidentale ha fondamentalmente posto l’accento sul centro della testa. Ecco perché in Occidente si sente per l’uomo un’ansia profonda. E l’ansia profonda è per il suo essere senza casa, vuoto, sradicato. Simone Weil scrisse un libro intitolato La prima radice.
L’uomo occidentale si sente sradicato, come se non avesse radici. La ragione è che solo la testa è diventata il centro. Il cuore non è stato esercitato, manca. Il battito del cuore non è il tuo cuore, è solo una funzione fisiologica. Perciò, se ne senti il battito, non cadere nell’errore di pensare che hai un cuore. Il cuore è qualcos’altro. Cuore significa la capacità di sentire, testa significa la capacità di conoscere. Cuore significa la capacità di sentire, ed essere significa la capacità di essere uno, uno con qualcosa... La religione riguarda l’essere, la poesia riguarda il cuore, la filosofia e la scienza riguardano la testa. Questi due centri, il cuore e la testa, sono centri periferici, non sono reali solo falsi centri. Il centro reale è l’ombelico, lo hara. Come raggiungerlo nuovamente? Oppure, come realizzarlo? In genere capita che talvolta – raramente, accidentalmente, può capitare - ti avvicini allo hara. Quell’istante diverrà un istante molto profondo, beato. Per esempio, talvolta nel sesso ti avvicini allo hara, perché nel sesso la tua mente, la tua consapevolezza si trasferisce di nuovo verso il basso. Devi lasciare la tua testa e cader giù, In un orgasmo sessuale profondo talvolta accade che ti trovi vicino al tuo hara. Ecco perché il sesso esercita un tale fascino. In realtà non è il sesso che ti dà l’esperienza della beatitudine, è lo hara. Cadendo giù verso il sesso passi attraverso lo hara, lo tocchi. Ma per l’uomo moderno persino questo è diventato impossibile, perché persino il sesso è diventato un affare cerebrale, un affare mentale. Persino il sesso è finito nella testa, è qualcosa a cui pensare. Ecco perché ci sono così tanti film, così tanti romanzi, così tanta letteratura, di pornografia e di cose simili. L’uomo pensa al sesso, ma questa è un’assurdità. Il sesso è un’esperienza, non puoi pensarci. Se cominci a pensarci sopra sarà sempre più difficile farne esperienza, perché non riguarda affatto la testa. La ragione non ti serve. E quanto più l’uomo moderno si sente incapace di penetrare in profondità nel sesso, tanto più ci pensa su. Diventa un circolo vizioso. E quanto più ci pensa su, tanto più diventa cerebrale.
Allora persino il sesso diventa futile. In Occidente è diventato futile, una cosa ripetitiva, noiosa. Non se ne ricava nulla, continui solo a ripetere una vecchia abitudine. E alla fine ti senti frustrato, come se fossi stato imbrogliato. Perché? Perché in realtà la consapevolezza non cade giù, non ritorna al centro. Solo passando attraverso lo hara senti la beatitudine.
Perciò qualunque ne sia la causa, tutte le volte in cui passi per lo hara senti beatitudine.
Un guerriero sul campo di battaglia, mentre sta combattendo, a volte passa attraverso lo hara, ma non i guerrieri moderni, perché non sono affatto guerrieri. Una persona che lancia una bomba su una città, dorme. Non è un guerriero, non è un combattente, non è uno kshatriya, non è Arjuna che combatte. Quando una persona è sul punto di morire, qualche volta viene rigettato nello hara. Per un guerriero che combatte con la sua spada, la morte diventa possibile in ogni istante. A ogni istante potrebbe non esistere più. E combattendo con una spada non si può pensare: se pensi non esisterai più, devi agire senza pensare perché il pensiero richiede tempo. Se combatti con una spada non puoi pensare. Se pensi vincerà l’avversario, tu non esisterai più. Non c’è tempo per pensare, e la mente ha bisogno di tempo. Siccome non c’è tempo per pensare e pensare significa morte certa, la consapevolezza cade giù dalla testa: va allo hara. E un guerriero sperimenta la beatitudine. Ecco perché la guerra esercita un tale fascino. Il sesso e la guerra sono due cose che esercitano un fascino perché in essi si passa attraverso lo hara.
Ci passi attraverso in ogni pericolo. Netzsche dice: “Vivi pericolosamente”. Perché?
Perché nel pericolo vieni rigettato nello hara. Non puoi pensare, non puoi elaborare cose con la mente. Devi agire immediatamente. Passa un serpente: all’improvviso lo vedi e c’è un salto. Non puoi formulare un pensiero ponderato sul fatto che “c’è un serpente”. Non c’è alcun sillogismo; non argomenti mentalmente: “Ora c’è un serpente e i serpenti sono pericolosi, perciò devo fare un salto”. Non fai alcun ragionamento logico come questo. Se ragioni in questo modo, non saresti più vivo. Non puoi ragionare. Devi agire spontaneamente, immediatamente. Prima viene l’atto e poi viene il pensiero. Prima salti e poi pensi. Nella vita comune, quando non c’è pericolo, prima pensi e poi agisci. Nel pericolo, l’intero processo viene invertito: prima agisci e poi pensi. Quell’azione che viene prima senza pensare ti getta nel tuo centro originario – lo hara. Ecco perché il pericolo esercita un fascino. Stai guidando una macchina sempre più velocemente, e all’improvviso viene un momento a partire dal quale ogni attimo diventa pericoloso. La vita può cessare a ogni istante. In questo momento di suspense in cui la vita e la morte sono quanto più vicine possibili l’una all’altra e tu sei tra l’una e l’altra, la mente si ferma: vieni gettato nello hara. Da ciò il grande fascino esercitato dalle automobili, dalla guida – dalla guidare veloce, folle. Oppure stai giocando d’azzardo e hai puntato tutto ciò che hai: la mente si ferma, c’è pericolo. Tra un istante potresti ritrovarti mendicante. La mente non può funzionare; sei gettato nello hara. I pericoli attraggono perché nel pericolo la tua coscienza ordinaria e quotidiana non può funzionare. Il pericolo penetra profondamente. La tua mente non è più necessaria; diventi una nonmente. Tu sei! Sei consapevole, ma senza che vi sia alcun pensiero. Quel momento diventa meditativo. In realtà, nel gioco d’azzardo i giocatori cercano uno stato mentale meditativo. Nel pericolo, nella lotta, nel duello, nelle guerre l’uomo ha sempre cercato stati meditativi. Una beatitudine irrompe all’improvviso, esplode in te, diventa una pioggia interiore. Ma questi sono avvenimenti improvvisi e accidentali. Una cosa sola è certa: tutte le volte in cui ti senti beato sei vicino allo hara.
Questo è certo, non importa quale ne sia la causa. La causa è irrilevante. Tutte le volte in cui passi vicino al centro originario vieni colmato di beatitudine. Questi sutra riguardano la creazione di un radicamento nello hara, nel centro, scientificamente, in modo intenzionale e studiato, non in modo accidentale, momentaneo, bensì permanente. Puoi rimanere sempre nello hara, quello può diventare il tuo radicamento.
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