PUOI ESSERE FELICE QUALUNQUE COSA ACCADA


Il rapporto tra ciò che pensiamo e ciò che sentiamo
Ogni sentimento negativo (o positivo) è il diretto risultato di un pensiero.
È impossibile sentirsi gelosi senza prima avere pensieri di gelosia,
sentirsi tristi senza prima avere pensieri di tristezza, sentirsi arrabbiati
senza prima avere pensieri di rabbia. Ed è impossibile sentirsi depressi

senza avere pensieri di depressione. Sembra un concetto abbastanza
ovvio, ma se lo comprendessimo meglio saremmo tutti più felici e
vivremmo in un mondo più felice!
Nel corso degli anni, praticamente ogni cliente con cui ho lavorato
esordiva in questo modo a ogni seduta:
Cliente: “Mi sento davvero depresso oggi.”
Richard: “Si è reso conto di avere pensieri deprimenti?”.
Cliente: “Non ho fatto pensieri negativi o deprimenti; mi sento solo
depresso.”
Mi ci è voluto un po’ prima di riconoscere il nostro problema di comunicazione.
Ci hanno insegnato che “pensare” significa sedersi a “riflettere”,
metterci tempo e impegno, come se dovessimo risolvere un problema
di matematica. In base all’idea che abbiamo dell’atto del pensare,
una persona che non si sognerebbe mai di passare sei ore a ossessionarsi
su un pensiero di rabbia considererebbe comunque abbastanza “normale”
fare quindici o venti pensieri di rabbia della durata di trenta
secondi ciascuno.
I “pensieri su qualcosa” possono durare diversi giorni o un solo secondo.
Noi abbiamo la tendenza ad accantonare questi ultimi reputandoli
meno importanti, se mai ci accorgiamo della loro esistenza. Ma non è
così. I sentimenti seguono e rispondono a un pensiero, a prescindere
dalla sua durata. Per esempio, se pensiamo anche solo di sfuggita: “Mio
fratello ha ricevuto più attenzioni di me. Non mi è mai piaciuto come
persona”, il risentimento che poi proviamo verso nostro fratello non è
una semplice coincidenza. Se pensiamo: “Il mio capo non mi apprezza,
non ottengo mai il riconoscimento che merito”, il disagio che proviamo
nei confronti del nostro lavoro nasce all’incirca nello stesso momento in
cui quel pensiero ci è passato per la testa. Succede tutto in un istante. Il
tempo necessario per provare l’effetto di un pensiero è pari al tempo che
passa tra il momento in cui premiamo un interruttore e quello in cui si
accende la luce.



Gli effetti negativi del pensiero si manifestano nel momento in cui ci scordiamo
che il “pensiero” è una funzione della nostra consapevolezza, un’abilità
di cui disponiamo in quanto esseri umani. Siamo noi gli artefici del nostro
pensiero. Non si tratta di qualcosa che ci capita, ma di qualcosa che creiamo.
Arriva dal nostro interno, non dall’esterno. È quel che pensiamo a determinare
ciò che vediamo, sebbene spesso sembri il contrario.
Prendiamo per esempio un atleta che “delude la propria squadra” commettendo
un errore cruciale durante l’ultima partita del campionato
prima del suo ritiro. Per anni, dopo aver detto addio allo sport, gli capita
di rimuginare di tanto in tanto su quell’errore. Quando la gente gli
chiede: “Perché sei sempre depresso?”, lui risponde: “Sono stato così
stupido a fare un errore del genere. Come altro dovrei sentirmi?”.
Questo atleta non capisce di essere l’artefice dei suoi stessi pensieri, né
capisce che la causa della sua sofferenza sono proprio quei pensieri. Se
provassimo a suggerirgli che sono i pensieri a renderlo depresso, in tutta
onestà ci risponderebbe: “Non è vero. Sono depresso perché ho commesso
quell’errore, non perché ci penso. In effetti, ormai non ci penso
quasi più. Sono semplicemente arrabbiato per com’è andata.”
All’errore dell’atleta possiamo sostituire un qualsiasi altro tipo di esempio:
una relazione passata, una attuale che sta naufragando, una cantonata 
finanziaria, parole dure che abbiamo detto per ferire qualcuno,
critiche rivolte a noi stessi, il fatto che i nostri genitori non fossero
perfetti, che abbiamo scelto la carriera o il compagno sbagliati, o chissà
che altro. In ogni caso, è sempre la stessa storia. Sono i nostri pensieri e
non le circostanze a determinare i sentimenti che proviamo. Da un
momento all’altro, ci scordiamo che siamo noi i responsabili di ciò che
pensiamo, che siamo noi a dare origine ai pensieri, e così spesso abbiamo
l’impressione che siano le circostanze a governare le nostre sensazioni
ed esperienze di vita. Di conseguenza, ci sembra logico attribuire la
colpa della nostra infelicità alle circostanze

Siamo noi gli artefici dei nostri pensieri
A differenza di altre funzioni e abilità che possediamo in quanto
esseri umani, difficilmente ci ricordiamo che siamo noi gli artefici
dei nostri pensieri. È facile ricordarsi che la voce è il prodotto della
nostra capacità di parlare. Sarebbe praticamente impossibile restare
sorpresi dalla nostra capacità di linguaggio, visto che sappiamo
benissimo che siamo noi a produrre i suoni. Possiamo gridare, strillare,
sbraitare e infuriarci, ma il suono della nostra stessa voce non
potrebbe mai spaventarci.
Lo stesso si può dire della capacità di ingerire e digerire il cibo. Non
sarebbe possibile mangiare qualcosa e poi chiederci come mai sentiamo
un determinato sapore in bocca: sappiamo benissimo che siamo stati
noi a metterci il cibo in bocca.
Ma con il pensiero è diverso. Una volta William James, padre della psicologia
americana, disse: “Il pensiero è il grande artefice della nostra
esperienza.” Ogni esperienza e percezione nella vita si basa sul pensiero.
Il pensiero, che precede ogni cosa e persiste in modo automatico, è la
nostra funzione più basilare e che ci tocca più da vicino. Abbiamo
imparato in modo del tutto innocente a interpretare i nostri pensieri
come se fossero “reali”, ma il pensiero non è altro che un’abilità di cui
disponiamo: siamo noi a generarlo. È facile credere che, se pensiamo
qualcosa, allora l’oggetto del nostro pensiero (il contenuto) corrisponde
alla realtà. Una volta capito che il pensiero è un’abilità piuttosto che una
realtà, saremo in grado di accantonare qualsiasi pensiero negativo che
attraversi la nostra mente. Così facendo, comincerà a venire a galla un
sentimento positivo di felicità. Se continuiamo a essere un porto sicuro
per i pensieri negativi (prestando loro troppa attenzione o soffermandoci
su di essi), ci perderemo i sentimenti positivi e risentiremo degli
effetti della negatività.

Ecco un semplice esempio di come il pensiero possa essere frainteso e
di come un simile fraintendimento possa avere un’influenza su di noi,
artefici dell’equivoco. Facciamo finta di rovesciare per sbaglio un bicchiere
d’acqua al ristorante, di alzare lo sguardo e vedere un uomo, due
tavoli più in là, che ci lancia quella che a noi sembra un’occhiata di
disapprovazione. La nostra reazione è di rabbia. “Cosa vuole quello?”
pensiamo. “Non gli è mai caduto niente di mano? Che cretino!”. Ciò
che pensiamo delle circostanze ci fa sentire frustrati e finisce per rovinarci
il pomeriggio. L’incidente ci torna in mente di continuo, a distanza
di pochi minuti, e quando ci pensiamo, ci arrabbiamo. Ma la verità è
che quell’uomo non aveva nemmeno visto che avevamo rovesciato l’acqua.
Era perso nel proprio mondo, ripensava a un errore che aveva commesso
al lavoro quel giorno. Non avrebbe potuto importargliene di
meno di noi. In effetti, non sapeva nemmeno della nostra esistenza.
Sfortunatamente, tutti noi ci siamo ritrovati molte volte in una situazione
simile. Ci scordiamo che si tratta solo dei nostri pensieri. Ci riempiamo
la testa di informazioni false che poi interpretiamo come se
fossero “reali” invece di semplici “pensieri”. Se solo riuscissimo a tenere
sempre a mente che siamo noi gli artefici dei nostri pensieri! Sapendo che,
nel momento in cui pensiamo qualcosa, ne avvertiamo gli effetti, come
nell’esempio del ristorante ci saremmo resi conto che a infastidirci non
erano i pensieri di qualcun altro, ma i nostri.
Comprendere il Principio del Pensiero e il modo in cui si applica all’esperienza
umana è un dono prezioso. Non dobbiamo essere sempre in
conflitto con l’ambiente e le persone che ci circondano. Possiamo mantenere
un sentimento positivo di felicità perché non ci sentiamo più
costretti a prendere davvero sul serio ogni pensiero che ci passa per la
testa. Pur non avendo alcun tipo di controllo sulle azioni di un’altra
persona, una volta capito che quello che pensiamo sono solo “pensieri”
e che non corrispondono alla “realtà”, saremo in grado di rimanere
immuni dagli effetti nefasti di ciò che pensiamo di quella persona. Sono
i pensieri, e non le circostanze, a determinare i nostri sentimenti, e l’assenza
di pensieri negativi suscita sentimenti positivi.
Se non capiamo questo Principio, ci sembrerà che il pensiero sia determinato
da ciò che accade nel mondo esterno. Ma in realtà è il contrario.
È il pensiero a modellare la nostra esperienza di vita. Il modo in cui
pensiamo qualcosa, e soprattutto il rapporto che instauriamo con ciò che
pensiamo, determinano l’effetto che i pensieri hanno su di noi. Le circostanze
esterne di per sé sono neutre. Solo il pensiero attribuisce loro un
significato. Ecco perché, come spesso accade, la stessa identica circostanza
può avere un significato del tutto diverso per persone diverse.
Nell’esempio del ristorante, se avessimo accantonato i pensieri negativi,
non avremmo nemmeno fatto caso all’incidente. Se instaurassimo un
rapporto sano con la nostra capacità di pensare, potremmo continuare
ad avere dei pensieri, ma senza seguirne il “corso”, e non permetteremmo
loro di turbarci.

Il rapporto con il nostro pensiero
La visione che ogni persona ha del rapporto tra pensiero e realtà può
essere espressa graficamente come una linea retta:
“I miei pensieri ____________ “I miei pensieri
rappresentano la realtà.” non sono altro che pensieri.”
A un estremo abbiamo il pensiero visto come “realtà”. Da un punto di
vista clinico, si tratta della visione di una persona psicotica, che non
userebbe mai la parola “pensiero”. Un soggetto psicotico vive davvero
ogni pensiero come se fosse reale. Non vede alcuna differenza tra il
pensiero e la realtà. Se pensa di sentire delle voci che gli dicono di buttarsi 
dalla finestra, si butta; se pensa di vedere un mostro, scappa. A
prescindere dal contenuto dei suoi pensieri, il soggetto psicotico crede
che essi corrispondano alla realtà, nel cento per cento dei casi.
All’estremo opposto della linea retta si trovano le persone che hanno
compreso il processo del pensiero e incarnano la salute mentale e la
felicità; non prendono troppo sul serio i propri pensieri né quelli degli
altri, di rado si lasciano abbattere o rovinare la giornata da ciò che pensano.
Chi si trova a questo capo della linea può avere in testa qualsiasi
tipo di pensiero e sapere comunque che “non è altro che un pensiero”.
La maggior parte di noi si trova in un qualche punto tra i due estremi.
Pochi prendono i propri pensieri talmente sul serio da essere considerati
degli psicotici. Ma, cosa molto più sorprendente, pochissimi capiscono
appieno la natura del pensiero e possono posizionarsi all’estremo
giusto della linea. La maggior parte di noi non capisce di essere l’artefice
dei propri pensieri e che siamo noi stessi a generarli. A volte può
anche capitare che ce ne rendiamo conto, ma solo in modo selettivo. La
mente crea numerose eccezioni a questo Principio, negandoci così la
comprensione di cui abbiamo bisogno per metterlo in pratica nella vita.
Per esempio, prendiamo un giorno in cui ci sentiamo giù e pensiamo:
“Non riuscirò mai a portare a termine questo progetto.” Piuttosto che
dirci: “Oh, ecco che i miei pensieri ripartono in quarta” ponendo fine
all’istante alla negatività, continuiamo a seguire il corso dei nostri pensieri.
Ci diciamo: “Lo sapevo fin dall’inizio, non avrei mai dovuto mettermi
alla prova con questo progetto, non sono mai stato bravo a fare
questo tipo di lavoro e non ci riuscirò mai” e così via. Una corretta
comprensione del Principio del Pensiero ci permette di interrompere
questi “attacchi del pensiero” prima che ci distruggano del tutto.
Proviamo a immaginare questi pensieri come un disturbo su uno schermo
televisivo, come un’interferenza. Non c’è ragione di studiare e analizzare
le interferenze su uno schermo e, allo stesso modo, non c’è ragione
di studiare le interferenze nei nostri pensieri. Senza una corretta
comprensione del Principio del Pensiero, la minima interferenza nella
nostra mente può crescere a dismisura fino a rovinarci la giornata o
persino la vita intera. Una volta considerati i pensieri negativi come un
disturbo o un’interferenza, potremo accantonarli perché non servono
più a soddisfare le nostre esigenze. Nell’esempio citato, i pensieri negativi
sul fatto di non avere le capacità per portare a termine il progetto
non ci aiuteranno di certo a completarlo.

Tutti noi generiamo un flusso ininterrotto di pensieri, ventiquattro ore
al giorno. Un pensiero dimenticato, è andato. Nel momento in cui lo
ripensiamo, torna presente. Ma in ogni caso resta sempre e solo un pensiero.
In poche parole, significa che pensare qualcosa non vuol dire che
dobbiamo prenderci a cuore qualsiasi pensiero e reagire in modo negativo.
Dobbiamo scegliere i pensieri ai quali vogliamo reagire.
La maggior parte delle persone è in grado di comprendere questo
Principio e di applicarlo agli altri, ma non a se stesse. Prendiamo il caso
di un automobilista frustrato in autostrada. Una macchina gli taglia la
strada, rischiando di provocare un incidente. Nella sua mente si forma
un pensiero: “Voglio uccidere il conducente di quella macchina.” Siamo
in presenza di un pensiero che gli ha attraversato la mente. La maggior
parte di noi lo accantonerebbe come un pensiero stupido. Piacerebbe a
tutti che ciascun automobilista guidasse con più attenzione, ma non
prenderemmo mai troppo sul serio quel pensiero violento. Tuttavia, un
soggetto psicotico non è in grado di accantonarlo così facilmente perché
crede fermamente che ogni pensiero che ha in testa corrisponda alla
realtà e debba essere preso sul serio.
Per quanto possiamo simpatizzare (se non ridere) con un pensiero del
genere senza prenderlo sul serio, in forme ed estremi diversi ci ritroviamo
tutti a pensare cose simili centinaia di volte al giorno. Ognuno di
noi, a proprio modo, confonde il pensiero con la realtà. Riusciamo a
considerare i pensieri degli altri (vedi quello dell’automobilista in autostrada)
come “semplici pensieri”, ma non siamo quasi mai in grado di
considerare i nostri allo stesso modo. Perché i nostri pensieri ci sembrano
così reali? Perché siamo noi a generarli.

Mai prendere i propri pensieri troppo sul serio
Una persona potrebbe stare in pena pensando: “Mi chiedo se gli piaccio,
scommetto di no.” Eppure riconoscerebbe senza difficoltà che il pensiero
dell’automobilista in autostrada “non era altro che un pensiero”. La
maggior parte di noi ritiene che i propri pensieri meritino di essere
considerati con seria attenzione e interesse, ma quando si tratta di quelli
di un altro, allora li considera come semplici pensieri che non meritano
attenzione. Perché? Ancora una volta, perché il nostro pensiero
modella la realtà dall’interno e ci tocca così da vicino che è facile
dimenticarsi che siamo noi a crearlo. Il pensiero ci aiuta a trovare un
senso a ciò che vediamo: ne abbiamo bisogno per sopravvivere nel
mondo e per dare un significato alla vita. Tuttavia, se comprendessimo
appieno la vera natura e lo scopo del pensiero, non avremmo bisogno di
prendere a cuore (o troppo seriamente) tutto ciò che ci capita di pensare.
Prenderemmo tutto meno sul serio.
Il pensiero non corrisponde alla “realtà” ma è un semplice tentativo di interpretare
una situazione. La personale interpretazione di ciò che vediamo dà
origine a reazioni emotive che non sono il risultato di ciò che ci accade, ma
derivano dal nostro pensiero, dal nostro sistema di credenze.
Per spiegare meglio questo concetto prendiamo in considerazione l’esempio
dell’arrivo di un circo in città. Per le persone e le famiglie che
amano questo genere di spettacolo, è motivo di festa. Per chi non ama
il circo, l’aumento del traffico e la confusione sono motivo di preoccupazione.
Di per sé il circo è neutro, cioè non causa reazioni né positive
né negative. Potremmo trovare anche molti altri esempi. Una volta
afferrato il concetto, il pensiero può rivelarsi un dono enorme per aiutarci
a vivere. Per contro, possiamo anche diventare vittime dei nostri
pensieri, peggiorando la qualità della nostra vita. Dal momento che i
nostri pensieri cambiano continuamente, la vita può trasformarsi in una
lotta, se non in un campo di battaglia.

In apparenza, il livello di felicità che proviamo aumenta e diminuisce in
base alle circostanze in cui ci troviamo. In realtà, non sono le circostanze
a determinare il nostro livello di benessere, ma il modo in cui le
interpretiamo. Ecco perché circostanze identiche possono significare
cose diverse per persone diverse. Imparando a considerare i pensieri
negativi come una sorta di interferenza mentale, la smetteremo di prestare
loro così tanta attenzione.
Comprendere la natura del pensiero ci permette di vivere in uno stato
di pace neutro, caratterizzato da un sentimento di felicità e appagamento
spensierato. Quando distogliamo l’attenzione da ciò che pensiamo,
soprattutto quando si tratta di pensieri negativi, ci ritroviamo con un
sentimento positivo di tranquillità. Ciò non significa in alcun modo che
non è necessario pensare, anzi, dobbiamo farlo. Significa solo che non
vale la pena di soffermarsi sui pensieri negativi (che provocano angoscia
e sofferenza) perché ci distolgono da quello che cerchiamo: la felicità.
Con un simile appagamento, nella nostra mente si viene necessariamente
a creare uno spazio in cui si insinuano pensieri nuovi e creativi,
permettendoci di recuperare quella visione basata sull’effetto flou (o soft
focus) tipica dell’infanzia che riporta la meraviglia e l’avventura nella
nostra vita.
L’effetto flou ci permette di ascoltare gli altri in modo amorevole. Ci
permette anche di ascoltare le critiche senza infastidirci, perché non
analizziamo più le informazioni: ci limitiamo a incamerarle.
In definitiva, il rapporto che instauri con il pensiero determina il tuo
livello di salute mentale e di felicità. Pensi che un pensiero debba essere
preso sul serio solo perché ti è venuto in mente? O hai capito che il
pensiero è un prodotto della tua natura di essere umano e che non devi
confonderlo con la realtà? Sei in grado di avere dei pensieri e passare
oltre, con l’effetto flou, o ti senti costretto a prenderli in considerazione
e ad analizzarli?

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